Il Papa: “Nessuno si senta superiore agli altri”

A che serve guadagnare il mondo intero se si vive tutti presi da intrighi asfissianti che inaridiscono e rendono sterile il cuore e la missione?”. Se lo è chiesto Papa Francesco durante l'omelia della messa celebrata a San Pietro davanti ai 14 nuovi cardinali.

L'onorificenza più alta

“In questa situazione si potrebbero già intravedere gli intrighi di palazzo, anche nelle curie ecclesiastiche“, ha osservato Bergoglio. “La più alta onorificenza che possiamo ottenere – ha ricordato il Pontefice – la maggiore promozione che ci possa essere conferita: servire Cristo nel popolo fedele di Dio, nell'affamato, nel dimenticato, nel carcerato, nel malato, nel tossicodipendente, nell'abbandonato, in persone concrete con le loro storie e speranze, con le loro attese e delusioni, con le loro sofferenze e ferite“. Secondo Francesco, “solo così l'autorità del pastore avrà il sapore del Vangelo e non sarà come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. Nessuno di noideve sentirsi superiore ad alcuno. Nessuno di noi deve guardare gli altri dall'alto in basso. Possiamo guardare così una persona solo quando la aiutiamo ad alzarsi“. 

La missione

La conversione da nostri peccati ed egoismi, ha proseguito, “non è e non sarà mai fine a se stessa, ma mira principalmente a crescere in fedeltà e disponibilità per abbracciare la missione. E questo in modo tale che, nell'ora della verità, specialmente nei momenti difficili dei nostri fratelli, siamo ben disposti e disponibili ad accompagnare e accogliere tutti e ciascuno, e non ci trasformiamo in ottimi respingenti, o per ristrettezza di vedute o, peggio ancora, perché stiamo discutendo e pensando tra di noi chi sarà il più importante”. Quando ci “dimentichiamo della missione – ha sottolineato –  quando perdiamo di vista il volto concreto dei fratelli, la nostra vita si rinchiude nella ricerca dei propri interessi e delle proprie sicurezze. E così cominciano a crescere il risentimento, la tristezza e il disgusto. A poco a poco viene meno lo spazio per gli altri, per la comunità ecclesiale, per i poveri, per ascoltare la voce del Signore. Così si perde la gioia e il cuore finisce per inaridirsi”.

L'esempio del Papa buono

Francesco ha poi citato, a conclusione dell'omelia, un brano del testamento spirituale di San Giovanni XXIII: “Nato povero, ma da onorata ed umile gente, sono particolarmente lieto di morire povero, avendo distribuito secondo le varie esigenze e circostanze della mia vita semplice e modesta, a servizio dei poveri e della Santa Chiesa che mi ha nutrito, quanto mi venne fra mano, in misura assai limitata del resto, durante gli anni del mio sacerdozio e del mio episcopato. Apparenze di agiatezza velarono, sovente, nascoste spine di affliggente povertà e mi impedirono di dare sempre con la larghezza che avrei voluto. Ringrazio Iddio di questa grazia della povertà di cui feci voto nella mia giovinezza, povertà di spirito, come Prete del S. Cuore, e povertà' reale; e che mi sorresse a non chiedere mai nulla, né posti, né danari, né favori, mai, né per me, né per i miei parenti o amici”.