Galantino: “L'impegno della Chiesa non nasce oggi”

Il clima in Italia per parlare dei migranti non è certo dei migliori. Sono stati ridotti a merce elettorale e manca la possibilità di un confronto sereno, di un dialogo da cui possano emergere le ragioni di cosa si vuole fare o non fare”. Il segretario generale della Cei mons. Nunzio Galantino ha presentato la Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati senza rinunciare alla solita verve polemica. Ricordando le radici bibliche contenute nel Messaggio del Papa, il vescovo ha sottolineato due aspetti: il primo è che siamo alla 104^ Giornata, dunque l'impegno della Chiesa non nasce certo oggi. “Nel Vangelo c'è scritto 'ero forestiero e mi avete ospitato'. O siamo su questa linea – ha detto mons. Galantino – o siamo fuori. Sta a chi governa stabilire le strategie e i livelli di intervento. Noi non dobbiamo suggerire proprio niente. Poi sta ai cittadini vigilare perché chi governa lo faccia curando la dignità delle persone”. Il secondo aspetto è relativo alle “sedici note del Messaggio di Francesco che richiama gli interventi dei Pontefici precedenti, da Pio XII a Benedetto XVI. E' pretestuoso il tentativo, abbastanza diffuso anche in certe frange del Cattolicesimo nostrano, dire che quella ai migranti è un'attenzione dell'ultima ora riconducibile esclusivamente e per alcuni colpevolmente al Papa. Chi insiste su questo o è uno sconfitto della vita o è destinato ad essere un infelice cronico. Passano le giornate ad aspettare quale bestemmia dirà il Papa per poi intonare il 'crucifige'. Tra 10 anni – ha aggiunto Galantino – quale risposta daremo a chi ci chiederà dov'era la Chiesa mentre la gente moriva? Cosa faceva?”. Il segretario dei vescovi ha poi fornito un dato per dimostrare che non è vero che “il tema dei migranti non trova simpatia tra i cattolici, non paga: le offerte per le Giornate sono passate da 465.000 euro del 2014 a 497 mila nel 2015 e 543.162 nel 2016. Vogliamo farcene una ragione che è evangelico spendersi per questo?“. Rispondendo poi a una domanda, mons. Galantino ha detto che “il problema è che alcune forze non fanno proprio ciò che è il loro dovere, la politica intesa come servizio alla polis. Il problema non è se la Chiesa fa o non fa servizio di supplenza. Il mio referente – ha ribadito con forza – non è il politico tizio o caio, chi mi dice 'ma chi te lo fa fare'. E vi garantisco che qualcuno me lo ha detto, viste le batoste che prendo da destra e da sinistra, per motivi diversi, e anche all'interno della Chiesa. Il mio referente non è il politico di turno, è il Vangelo, la mia guida è il Papa, oggi Francesco e prima Benedetto XVI che diceva le stesse cose, pronunciava le stesse parole dure nei confronti di chi ignorava le esigenze dei migranti. Parlava forse con una voce meno forte, ma le cose che diceva erano le stesse di Pio XII e Paolo VI”. “Interiormente – ha confidato il vescovo – non mi sento supplente. Il mio punto di riferimento è il Vangelo e il fatto che io sia un ossessione per qualcuno non rappresenta un problema. Mi vedete depresso?” ha chiesto ai giornalisti.

Cultura dell'accoglienza

Mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare di Roma e presidente della Commissione Episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, ha ribadito la necessità di “creare una cultura dell'accoglienza, un senso comune del pensare, del porsi nei confronti dell'altro” perché comunque, piaccia o no, il fenomeno migratorio è mondiale. Commentando i quattro verbi suggeriti dal Messaggio del S. Padre (accogliere, proteggere, promuovere e integrare), mons. Di Tora ha insistito sulla necessità dei corridoi umanitari e sulla difesa dei diritti e della dignità dei migranti prima di tutto nei Paesi d'origine e poi in quelli di arrivo, per combattere sfruttamento e tratta. Ha anche fatto riferimento al programma della Cei “Liberi di partire, liberi di restare“, con 30 milioni di euro da investire per creare opportunità di lavoro per quanti decidono di non emigrare e per aiutare i minori, soprattutto quelli non accompagnati, ad accedere a istruzione e sanità. Il vescovo ha anche ribadito il rammarico per la mancata approvazione dello ius soli/culturae (“nessuno può essere apolide”). “L'integrazione – ha concluso – non è facile ma è un'opportunità per crescere insieme.  Le migrazioni non sono la fine del mondo ma l'inizio di un mondo nuovo”.

Italiani all'estero

E' toccato invece a don Giovanni De Robertis, direttore generale di Migrantes, fornire alcuni dati. “Le persone in movimento nel mondo sono circa un miliardo: 700 milioni sono migranti interni, 250 milioni quelli esterni e 68 i richiedenti asilo, un numero mia raggiunto neppure dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Ma interessante sono state soprattutto le cifre degli italiani all'estero: “Dal 2006 al 2017 sono aumentati del 60%, gli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero sono passati da 3 a quasi 5 milioni. Nel 2016 sono aumentati del 15% rispetto al 2015. E subiscono le stesse accuse e situazioni degli altri migranti. Una delle accuse che viene mossa alla Chiesa italiana è di occuparsi degli stranieri e non degli italiani. Niente di più falso. Noi ci occupiamo prima di tutto degli italiani all'estero, abbiamo 366 missioni nel mondo. E parlando con don Antonio Serra, cappellano dei migranti italiani in Gran Bretagna, mi raccontava che quasi ogni mese c'è un nostro connazionale che si suicida, che molti vivono in baracche”. A smentire poi la presunta invasione di immigrati nel Bel Paese, il sacerdote ha confermato che il numero di stranieri da qualche anno è stabile intorno ai 5 milioni, più o meno quanti sono gli italiani emigrati. Ci sono però notevoli flussi in entrata e in uscita, anche di chi giunto in Italia ha ottenuto la cittadinanza: nel 2015 sono stati 7.000 i “nuovi italiani” che si sono diretti verso altre mete. Infine, da sottolineare che crescono i matrimoni misti (oltre 24.000 nel 2016) mentre i bambini stranieri nelle scuole sono circa 814.000, il 60% dei quali nati in Italia.