Divergenze politiche? Legittime. Punti di vista differenti? Assolutamente leciti. Ma, da qui a trascendere i toni, arrivando addirittura a sperare di vedere morto assassinato il proprio “avversario”, ce ne corre. Ancora di più se il destinatario di tale “augurio” è nientemeno che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e se il mittente del macabro messaggio è una senatrice degli States. Il fronte della battaglia, manco a dirlo, è il social e, nello specifico, quello in quest’ottica più “agguerrito”, dove un “cinguettio” può assumere l’eco di un urlo: Twitter. E’ vero che, specie negli ultimi tempi, la politica presidenziale del Tycoon ha suscitato più di qualche perplessità, specie dopo le vicende di Charlottesville, ma è anche vero che la senatrice democratica Maria Chapelle-Nadal ha un tantino esagerato, arrivando a twittare la frase “Spero che Trump venga assassinato”.
Quella che si è scatenata in seguito, nonostante il post sia rimasto visibile per appena un’ora (un’eternità per il mondo dei social), è stata una violenta quanto pronosticabile bufera: attorno alla senatrice, in breve tempo, si è scavato un solco profondo non solo con la controparte repubblicana ma anche con l’ala democratica, con entrambi i fronti a chiederne a gran voce le dimissioni. Alla base del tweet incriminato, la rabbia di Chapelle-Nadal nei confronti dell’inquilino della Casa Bianca rispetto alla questione razzismo, esplosa con violenza durante i fatti di Charlottesville del 12 e 13 agosto scorsi, e rispetto alla quale il presidente ha mostrato un atteggiamento a suo giudizio troppo tentennante (durante una manifestazione antirazzista, un’auto guidata da un suprematista bianco aveva investito i dimostranti uccidendo una giovanissima donna e ferendo altre 19 persone).
“Ho scritto qualcosa nella mia pagina personale di Facebook che non avrei dovuto scrivere. Questo mi dispiace – si è affrettata a dire la senatrice al canale televisivo ‘Kmov’ -. Ma non posso cancellare il motivo che ha causato tutta questa rabbia”. Non è bastato. Rivali e colleghi hanno definito inqualificabile il post di Chapelle-Nadal, etichettandolo come “vergognoso” e “indifendibile” e continuando a chiedere all’interessata che si faccia da parte. Lei, dal canto suo, ha già fatto sapere che non intende mollare nonostante i servizi segreti abbiano già aperto un’indagine sul tweet funesto. Di certo, al netto dell’assodato diritto alla libertà d’opinione, bilanciando la questione tra moralità e carica ricoperta nella gaffe della senatrice si riscontra in ogni caso una gravità che (anche considerando alcuni trascorsi storici) non può essere ignorata.
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