I giochi olimpici dovrebbero essere un’ occasione di coesione e spirito di fratellanza, ma quello che è accaduto a un atleta israeliano dimostra come un semplice gesto possa nascondere profonde radici di razzismo e intolleranza.
L’episodio è avvenuto al termine di un incontro di judo dei più di 100 chili: Or Sasson, israeliano, aveva appena battuto il suo avversario egiziano, Islam El Shehaby, superando così i 32 esimi di finale. A fine incontro l’israeliano si è avvicinato al suo avversario per stringergli la mano. Un segno di rispetto non obbligatorio, che avrebbe concluso con una bella immagine un incontro difficile e importante. El Shehaby, però, si è rifiutato non solo di contraccambiare la stetta di mano, ma addirittura di fare l’inchino di rito, e tutto questo davanti a milioni di telespettatori da tutte le parti del mondo.
Immediata la reazione del pubblico presente, che ha iniziato a fischiare senza pietà nei confronti dell’atleta africano. Non si sono fatte attendere nemenno le dichiarazioni contrariate del Comitato Olimpico Egiziano che, pur specificando che si è trattato di “un’azione individuale dell’atleta”, ha rimproverato El Shehaby, invitandolo a uniformarsi “ai principi e agli standard di sportività” previsti ai giochi olimpici.
Anche il portavoce della federazione internazionale di Judo, Nicolas Messner, aveva precisato che anche se gli atleti non sono obbligati a stringersi la mano, “dopo i Giochi analizzeremo l’accaduto per vedere se esistono dei presupposti per prendere decisioni a riguardo”.
“Stringere la mano al tuo rivale non è un obbligo scritto nelle regole del judo. Avviene tra amici e lui non è un mio amico – ha provato a difedersi El Shehaby -. Non ho alcun problema con gli ebrei o con persone di altra religione o di altri credo. Ma per ragioni personali non mi si può chiedere di stringere la mano a chiunque venga da questo Stato, soprattutto di fronte al mondo intero”.
Poche ore fa, la decisione del Comitato Olimpico Egiziano: il judoka è stato rimandato a casa perché il suo comportamento “è stato contrario alle norme del fair play e contro lo spirito di amicizia presenti nei valori olimpici”. Il comitato olimpico ha quindi “fortemente condannato l’azione di El Shehaby e lo ha mandato a casa”.
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