Ripartire e aiutare le imprese: è questo il momento di agire

Le dichiarazioni dell'ex ministro Tria che ha partecipato al convegno "Proteggere le imprese con finanziamenti a fondo perduto"

Doveva essere il momento della Fase 2, ma quella del 26 aprile scorso è stata solo un’altra lunga e confusa conferenza stampa di Giuseppe Conte. La timida apertura annunciata dal premier ha suscitato l’ira delle opposizioni e non ha certo fatto felice le forze alleate. Oltre a rassegnare buona parte del Paese che si aspettava qualcosa di diverso. Dopo il 4 maggio dunque partirà in tutta calma la Fase 1.5. Durante il suo discorso Conte non ha fatto altro che ripetere “non pensiate che adesso si possano fare gli assembramenti”, frase emblematica della difficoltà con cui lui e il suo governo stanno gestendo l’emergenza da Covid-19. Si potranno vedere i propri “congiunti”, quello si, ma senza fare “party familiari”.

La strategia dell’esecutivo non cambia, minore chiusura ma pur sempre lockdown. Più di qualcuno ha avuto l’impressione che Conte abbia voluto evitare di prendersi le sue responsabilità. Se le cose andranno bene sarà merito del governo, ma se dovesse tornare a innalzarsi la curva dei contagi sarà a causa dell’irresponsabilità degli italiani. D’altronde lui lo ha detto “non pensiate di fare assembramenti”.

La cosa certa è che l’Italia sta provando a uscire da questa crisi con troppa lentezza, e a farne le spese inevitabilmente è l’economia. Sono molte le imprese che da fine febbraio, l’inizio di questo incubo, stanno abbassando definitivamente la saracinesca, molte altre quelle che non proveranno nemmeno a rialzarla dopo il via libera. In questo momento servirebbe una scossa, uno shock economico come lo ha definito l’ex ministro del Tesoro Giovanni Tria che, durante un dibattito organizzato dal progetto Ricostruire di Stefano Parisi, proprio per parlare di misure a sostegno delle aziende, non le ha mandate a dire all’attuale governo. “È evidente – ha tuonato – che l’intervento dello Stato basato sui prestiti, da solo, non è sufficiente e porta le aziende all’indebitamento. Quella dei 400 miliardi messi a disposizione è propaganda, ma, anche fosse una cosa vera, sarebbero 400 miliardi di nuovi debiti sulle imprese”.

Il convegno dal titolo “Proteggere le imprese con finanziamenti a fondo perduto”, è stata per Tria l’occasione per ribadire la sua proposta lanciata insieme all’economista Pasquale Lucio Scandizzo. “Oltre a concedere piene garanzie pubbliche, – ha spiegato – è necessaria una compensazione a fondo perduto da parte dello Stato commisurata alla flessione del valore aggiunto tra il 2019 e l’anno in corso”. E poi ancora: “Molti di questi fondi tornerebbero indietro sotto forma di tasse e contributi, altri invece verrebbero usati per i pagamenti degli stipendi e dei fornitori. Secondo nostre stime, dei 70 miliardi necessari per evitare il blocco del sistema produttivo e il conseguente crollo dell’economia, sono circa 25 quelli che verrebbero effettivamente spesi dallo Stato”.

Della stessa linea Stefano Parisi. L’ex direttore generale di Confindustria, che insieme ad altri professionisti, accademici e imprenditori, ha dato vita al piano Ricostruire, ha sposato l’idea elaborata dall’ex titolare del Mef e l’ha fatta sua. “La proposta di Tria e di Scandizzo è nel nostro documento operativo che abbiamo presentato a Mattarella, a Conte e a Colao, ci auguriamo che lo prendano in considerazione. L’Italia ha bisogno di uscire da casa e i cittadini di tornare al lavoro, ma per farlo è necessario capovolgere completamente la strategia. In isolamento deve restare solo chi è contagiato dal virus e le persone entrate a contatto con questi, fuori i sani che, gradualmente e in sicurezza, devono poter tornare alla loro vita. Poi tamponi a tappeto e tracciamento dei positivi per conoscere gli spostamenti che questi hanno effettuato nei quindici giorni precedenti alla positività al test”.

Per Parisi, ma non è il solo, bisogna trasformare questa situazione in un’opportunità di rilancio per il Paese. “Che sia l’occasione per mettere mano a quelle riforme che l’Italia attende da anni. Via la burocrazia e, superata la fase di emergenza, ragioniamo su come abbassare il debito pubblico, questa volta però in modo strutturale”. Un po’ come dire che è vero che il momento è complicato, ma senza idee e coraggio non se ne viene fuori.