I referendum sulla Giustizia non hanno raggiunto il quorum, fermandosi a una partecipazione del 20,9%. Il sì avanti in tutti i cinque quesiti. L’affluenza per le elezioni Comunali è stata invece del 54,7% con lo spoglio che inizia alle 14.
L’affluenza definitiva (7.903 Comuni su 7.903) per il voto sui 5 referendum sulla Giustizia è stata poco superiore al 20,9%. Secondo i dati del Viminale, al primo quesito (“Incandidabilità dopo condanna”) l’affluenza è stata del 20,95%; al secondo quesito (“Limitazione misure cautelari”) 20,93%; al terzo quesito (“Separazione funzioni dei magistrati”) 20,93%; al quarto quesito (“Membri laici consigli giudiziari”) 20,92%; al quinto quesito (“Elezioni componenti togati CSM”) 20,92%.
Il mancato raggiungimento del quorum (scrive il Centro Studi Livatino in un suo editoriale all’indomani del voto) costituisce non soltanto il naufragio dell’iniziativa referendaria – dagli obiettivi condivisibili, ma operata coi mezzi più confusi e contraddittori – bensì pure il fallimento sui temi della giustizia di una intera legislatura: partita dalla manipolazione della prescrizione, proseguita con l’introduzione di istituti dagli effetti devastanti, quale l’improcedibilità in appello e in cassazione, e con destinazioni dei fondi Pnrr provvisorie e inutili, come l’ufficio per il processo, senza affrontare direttamente uno solo dei problemi emersi dal c.d. ‘caso Palamara’.
Se il bilancio è di cinque anni perduti, unitamente a risorse e a occasioni di riforme – prosegue il Centro Studi Livatino – il senso di responsabilità impone alle forze politiche, all’indomani di questa manifestazione di sfiducia dell’elettorato, di individuare i veri nodi della questione giustizia in Italia e, al di là delle divisioni, di assumere l’impegno perché la prossima legislatura sia dedicata ad affrontarli e a risolverli.
Ciò vuol dire, per restare allo stretto ambito della magistratura, puntare, oltre che a una vera e formale separazione delle carriere, che comunque ha bisogno di una modifica costituzionale, a estrapolare il giudizio disciplinare dal CSM, per affidarlo a un giudice non elettivo, ad adeguare gli organici di magistrati e personale di cancelleria, elevando l’attuale media della metà rispetto agli organici degli altri Pesi UE, a rivedere i meccanismi di ingresso nella funzione e di progressione in carriera, e quindi a cambiare le modalità del concorso e della nomina dei capi degli uffici.
Chi ha ricevuto un mandato dagli elettori, e siede in Parlamento e nel Governo – conclude il Centro Studi Livatino – vari queste indilazionabili riforme, senza aggiramenti per via referendaria: che fanno tornare al punto di partenza, avendo nel frattempo bruciato tempo e denaro.
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