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Un suicidio ogni 40 secondi. Il monito dell’Oms ai governi del mondo

Già nel 1897, il sociologo Emile Durkheim considerava il suicidio effetto principale dello sconvolgimento sociale e valoriale. Secondo lo studioso la principale causa di questo fenomeno non è tanto la dimensione psicologica dell’individuo, quanto la struttura della società nel suo complesso. Le parole contenute nei suoi scritti sembrano attualissime perché giovedì scorso, in uno studio pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a due settimane dalla morte dell’attore Robin Williams, sono emersi dati sconcertanti.

Al mondo si commette un suicidio ogni 40 secondi, secondo le stime dell’Oms. E ciò significa che ogni anno si tolgono la vita complessivamente 800.000 persone. Il primo “Rapporto sulla prevenzione del suicidio” è stato pubblicato a Ginevra, ed esprime un disagio che non conosce confini geografici. Tuttavia, il testo precisa che di tutti i paesi analizzati solo 28 hanno messo in campo strategie nazionali per la prevenzione del suicidio. In Svizzera, ad esempio, Confederazione e cantoni, per affrontare il problema stanno elaborando un piano d’azione sostenuto da statistica e ricerca che sarà disponibile a partire dalla primavera del 2016. Gli aspetti centrali della strategia che si intende adottare sono la prevenzione delle malattie psichiche e del suicidio all’interno degli ospedali, l’eliminazione dei mezzi per compiere l’atto e una serie di provvedimenti per limitare i casi di solitudine nei cittadini più “a rischio” come anziani e poveri.

I dieci paesi più colpiti dal fenomeno del suicidio sono il Guyana, la Corea del Sud, lo Sri Lanka, la Lituania, il Suriname, il Mozambico, il Nepal, la Tanzania, il Burundi e l’India. E da questi dati emergono altri dettagli importanti: secondo quanto scritto sul rapporto, infatti, il circa 75% dei suicidi totali avviene in zone a basso e medio reddito, e i mezzi più frequenti sono avvelenamento, impiccagione e armi da fuoco. A suicidarsi più degli altri sono la fascia “over 70” mentre in alcuni paesi le incidenze più alte si registrano tra i giovani.

L’Oms avverte che globalmente il suicidio è la seconda causa di morte nella fascia di età che va dai 15 ai 29 anni e che a costituire il rischio più forte sono le malattie psichiche. Ed è possibile prevenire questa tendenza solo per mezzo dell’adozione di piani strategici a livello governativo. Il richiamo dell’Organizzazione mondiale della Sanità va dunque a tutti i governi del mondo: sono fondamentali piani nazionali coordinati come la diagnosi precoce della depressione, la sua prevenzione e la creazione di sportelli di aiuto per persone in un situazioni di crisi. Il monito arriva a pochi giorni dalla giornata mondiale per la prevenzione del suicidio: il 10 e l’11 settembre.

 

Gisella Febbo

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