Stop al carbone. Avanza il movimento per un’economia “pulita”

cina

Le fonti fossili di energia non rinnovabili – carbone, petrolio, gas naturale – costano care. E non solo dal punto di vista economico, ma anche e soprattutto sotto l’aspetto ecologico. I risvolti spesso drammatici del “climate change” – il cambiamento climatico dovuto all’effetto serra – sono sotto gli occhi di tutti: scioglimento dei ghiacciai con conseguente riduzione delle fonti di acqua non salina del Pianeta, innalzamento dei mari, uragani, disastrose inondazioni alternate a lunghi periodi di siccità… a discapito di colture e popolazioni ridotte in povertà. È questo l’allarmante quadro dipinto dall’Ipcc, il “Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico” formato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite, l’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) ed il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) allo scopo di studiare il riscaldamento globale.

Da tali considerazioni nasce la campagna per il “fossil fuel divestment” – il disinvestimento dalle fonti fossili – un movimento sorto tra gli studenti statunitensi che chiede di “decarbonizzare” l’economia, azzerando nel lungo periodo l’utilizzo di fonti di energia fossili, principali responsabili delle emissioni di gas serra e contenere così l’innalzamento delle temperature terrestri entro i 2 gradi centigradi. In particolare il movimento chiede di: congelare i nuovi investimenti in società quotate legate al business dell’energia fossile; dismettere quelli in essere; dirottare le risorse verso le energie rinnovabili – eolica, geotermica, idroelettrica, marina, solare e biomasse – che hanno il merito di rigenerarsi almeno alla stessa velocità con cui vengono consumate o che non sono esauribili nella scala dei tempi di “ere geologiche”.

Tra i sostenitori della campagna, anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon che, proprio in occasione della presentazione dell’ultimo rapporto Ipcc, ha sollecitato i “grandi investitori istituzionali” – i fondi pensione e le compagnie assicuratrici – a ridurre gli investimenti in “fossil fuels” a favore delle fonti rinnovabili. A settembre erano stati addirittura i discendenti di John D. Rockefeller, fondatore della Standard Oil – una delle maggiori compagnie petrolifere del mondo – a dichiarare di voler dismettere gli investimenti in fossil fuels in capo al Rockefeller Brothers Fund, un fondo da 860 milioni di dollari di risorse. A maggio l’Università americana di Stanford aveva formalizzato l’impegno a disinvestire il proprio patrimonio – oltre 18 miliardi di dollari – dalle società attive nell’estrazione del carbone. In molti oramai sono dell’opinione di Papa Francesco che recentemente ha sottolineato come “Il tempo per trovare soluzioni globali si stia esaurendo”.