Onu, nel mondo ci sono ancora 10 milioni di apolidi

Apolidia: sembra quasi anacronistico, ma sono ancora 10 milioni le persone nel mondo a cui è negata la cittadinanza. Un terzo di questi sono bambini, che rischiano di trasmettere il loro status alle future generazioni: naturalmente, le categorie più colpite dal problema sono le minoranze etniche. Per cancellare questa piaga dal mondo entro 10 anni, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Acnur) ha dato il via alla campagna “I Belong”, “Appartengo”.

“E’ un problema creato unicamente dall’uomo, facilmente risolvibile se ci fosse la volontà dei governi – hanno spiegato i rappresentanti dell’organismo Onu – Alla campagna hanno già aderito il nobel della Pace sudafricano l’arcivescovo Desmond Tutu”. Secondo i dati forniti dall’Alto Commissariato Onu, ogni dieci minuti nasce un bambino senza patria: “Il fatto di essere senza nazionalità – ha spiegato il commissario Antonio Guterres – fa provare a queste persone il sentimento che la loro stessa vita sia un crimine”. Lo status di apolide è stato istituito con una convenzione internazionale varata 50 anni fa, nel 1954. Sette anni dopo è stata siglata una seconda convenzione sulla riduzione e la prevenzione dell’apolidia, con particolare attenzione ai minori.

Nel mondo è il Myanmar ad ospitare il maggior numero di apolidi: si tratta di 800.000 a un milione di membri dell’etnia Rohingya, di fede musulmana, che si sono visti rifiutare la nazionalità sulla base di una legge del 1982 oltre ad avere una libertà religiosa e di movimento molto limitata e un accesso minimo all’istruzione. Un altro gruppo particolarmente vulnerabile è quello dei Bihari in Bangladesh, 600.000 ex cittadini sovietici ancora senza nazionalità a 20 anni dalla disgregazione dell’Urss. Ai “fantasmi legali” ogni diritto è negato, anche il più elementare: non possono andare a scuola, non hanno accesso alla sanità, sono preda dello sfruttamento lavorativo e sessuale.

“Con questa campagna – ha aggiunto Guterres – abbiamo un’opportunità storica di porre fine all’apolidia entro dieci anni e di ridare la speranza a milioni di persone”. Nell’ultimo decennio, grazie a cambiamenti legislativi e di linea politica, su scala mondiale a quattro milioni di persone è stata riconosciuta una cittadinanza.