LIBERATI DALLA SCHIAVITU’ DELLA DROGA

Argentina

“Nove anni di eroina, sono molto pesanti. Vivi solamente con la speranza di trovare i soldi per comprarti la dose il giorno dopo”. È la storia di Andrea, uno dei 90 giovani che hanno partecipato alla messa per la “festa del riconoscimento” dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Dietro alle spalle vissuti molto spesso drammatici, sentimenti di tristezza, solitudine; il sentirsi incapaci e l’abbandono spingono le persone a fare cose che mai si immaginerebbero, a cercare la soluzione in false emozioni. Ed è proprio così che si cade nel vortice della dipendenza. Andrea ha cercato le risposte ai suoi dubbi e alle sue domande attraverso l’uso dell’eroina. Per anni ne è stato dipendente, un tempo molto sofferto che lo ha portato a scelte sbagliate, a tagliare i ponti con amici e familiari.

“Arrivi a un punto in cui la droga è tutto per te – racconta -. È tuo padre, tua madre, la famiglia. Anche nei sogni non ti abbandona mai”. E’ accaduto così, in un momento di disperazione ha provato a “bucarsi” e l’eroina ha riempito quegli spazi, quei vuoti che lui non riusciva a colmare, facendolo sentire come “un adolescente pronto a spaccare il mondo. La droga mi dava emozioni piene, così forti da sembrare quasi reali – spiega con lo sguardo perso nei ricordi –. Poi piano piano mi sono perso in questo baratro assoluto. E non potevo più uscirne”.

Per potersi comprare una dose Andrea ha mentito, ha rubato anche ai suoi stessi familiari che a un certo punto hanno detto basta. Lo hanno allontanato, tagliando con lui tutti i rapporti e i legami, con la speranza che questo potesse servire per farlo riprendere.

“Quando sono arrivato a Rimini ero finito come uomo, avevo spezzato tutti i collegamenti, ero proprio da solo. La droga ti porta a stancarti di tutto, ti fa arrivare al punto in cui non capisci più che sei, eppure sai di essere fuori strada completamente. Ed è proprio in questo momento che, se sei fortunato, trovi qualcuno che ti tende una mano per risalire la china”.

Andrea ha trovato questa “mano” nell’associazione fondata da don Oreste Benzi, e grazie all’aiuto e alla competenza degli operatori delle sue comunità terapeutiche oggi può dire di essere un uomo nuovo. Uno schiaffo a quanti credono che “i drogati non possono rinascere”.

droga1Andrea è stato ospite in una struttura per circa un anno, durante il quale mattone dopo mattone ha ricostruito e riscattato la propria vita. Come un bambino piccolo ha imparato di nuovo a relazionarsi con i genitori, con gli amici, con se stesso. La fine del suo programma terapeutico, e quella di molti altri, è stata festeggiata con la “Messa del Riconoscimento”, quest’anno presieduta da Monsignor Giovanni D’Ercole, Vescovo di Ascoli Piceno. La celebrazione si è tenuta presso la parrocchia della Resurrezione di Rimini – dove don Oreste è stato per 32 anni – e ha segnato un nuovo punto fermo nella vita di Andrea.

“Sono consapevole che questa Messa non è la fine del mio cammino. Sono solo all’inizio. Questa celebrazione sta a simboleggiare il fatto che tutti noi dobbiamo riconoscere che è il cancelletto di partenza per una nuova vita. – racconta il giovane con il suo sguardo luminoso – Quando sono venuto qui non avevo più niente da perdere, ma ora ho ritrovato me stesso”. Grazie a questo percorso tanti giovani come Andrea sono potuti uscire dalla schiavitù dell’eroina, della cocaina, dall’abuso di alcol e dalla dipendenza del gioco di azzardo.

Dal 1 gennaio 2014 sono già 595 i giovani che sono stati accolti nelle strutture della Papa Giovanni, in Italia e all’estero, con una predominanza di ragazzi (490) rispetto alle ragazze (105). A febbraio di questo anno è stata aperta l’ultima comunità terapeutica in Argentina a Puerto Madryn, che non prevede solo la riabilitazione di quanti saranno accolti ma anche il potenziamento dei progetti di prevenzione nelle scuole medie inferiori e nelle classi delle scuole superiori. Inoltre, sempre nel 2014, è iniziato “Liberi, sicuri ed imparati, mattone su mattone”… “Si tratta di un progetto molto particolare: quattro giovani in ultima fase del programma terapeutico sono stati inseriti in un’impresa edile con altrettante borse lavoro. – spiega Giovanni Salina, responsabile del Servizio di Tossicodipendenze dell’Associazione – È la prima volta che dei ragazzi che sono ancora in comunità hanno la possibilità di essere impiegati all’esterno, in un cantiere reale, misurandosi con la realtà del mondo del lavoro. Un’esperienza determinante per il successivo cammino verso l’autonomia”.

“Ora riprende la vita. E ricordate: va spesa per delle ragioni importanti”, ha detto mons. D’Ercole durante l’omelia nella quale ha spronato tutti i presenti a riprendere la propria esistenza tra le mani. Una “rinascita” dopo aver toccato il fondo, vedendo ora di nuovo la luce con la consapevolezza che non tutto è perduto. Anzi, proprio adesso parte un cammino ancora più bello: vivere liberi dalla schiavitù delle droghe.