DAL MARTIRIO DI STEFANIA
ALLE PROSTITUTE DI STATO?

Un orecchio ridotto a brandelli con una pinza da meccanico, intere ciocche di capelli strappate fino a vedere la cute, unghie tirate via con le tenaglie, bruciature di sigaretta sul corpo. Stefania è stata ridotta così, irriconoscibile per i suoi 19 anni, torturata e seviziata. Lei è una delle oltre 100mila giovanissime donne provenienti dai paesi dell’est Europa e dalla Nigeria ridotte in stato di schiavitù a causa dello sfruttamento della prostituzione.

Il suo sogno era quello di poter restituire la serenità più profonda alla propria famiglia, aderendo alla straordinaria proposta di giungere in Italia per un lavoro come badante. Secondo le promesse avrebbe guadagnato la cifra sufficiente per mantenere tutti i suoi cari. Stefania si ritrova invece sbattuta su una strada del litorale abruzzese dove i suoi grandi amici, quelli di cui si era fidata e affidata, iniziano a minacciarla promettendo ritorsioni verso i suoi familiari qualora non avesse eseguito i loro ordini. Così la ragazza diventa prostituta, quella che la maggior parte degli italiani definisce “una libera scelta” vedendole ben vestite e truccate, giovani e apparentemente ammalianti. Un atteggiamento imposto dal racket per fare più soldi. Ma Stefania non riesce a fingere, anzi il suo volto è bagnato di lacrime che nessun cliente riesce mai ad asciugare: “Nessuno mi ha mai chiesto perché piangessi o se avevo qualche problema, né qualcuno mi ha domandato perché soffrivo”.

Al primo albeggiare i soldi in tasca sono sempre troppo pochi per soddisfare le richieste dei due magnaccia. Dei 700 euro richiesti per il primo periodo ne porta solo 150. Troppo poco per sperare di passarla liscia. Infatti la sua padrona inizia a farle del male, con cattiveria, fino ad affondare i tacchi a spillo sul suo corpo inerme. E’ solo il primo atto di un calvario che la vedrà piegata dalle torture ma non assoggettata alle richieste degli schiavisti.

Non accade mai, perché è troppo rischioso mettersi contro il “padrone” ma una sera sono state le stesse compagne di sventura ad impressionarsi dello stato in cui era ridotta, chiedendo l’intervento dei carabinieri. Quando arrivano lei è dentro l’auto di un cliente; appena il tempo di aprire lo sportello e Stefania perde i sensi. Riaprendo gli occhi in ospedale esclama: “Speravo che qualcuno prima o poi venisse a salvarmi”. Le forze dell’ordine la convincono a denunciare i suoi aguzzini chiedendole di raccontare nel dettaglio ogni passaggio dall’iniziale promessa tradita all’orrore vissuto.

Dopo un mese di ricovero viene accolta in una casa protetta della Comunità Papa Giovanni XXIII. Il percorso di riabilitazione sarà lungo e complesso, perché le ferite inferte nel corpo ma soprattutto quelle che hanno segnato l’anima e la psiche ancora oggi a distanza di tempo sono visibili. Uno strazio che ha visto però alla fine in qualche modo collimare la giustizia divina e quella terrena. Nel terremoto che ha distrutto L’Aquila il tribunale fu letteralmente disintegrato; tutti i faldoni, i documenti, le cause sembravano irrimediabilmente persi. Una manna per i suoi carcerieri che vedevano la possibilità concreta di tornare liberi per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Ma tra quelle macerie appena tre giorni prima dell’ora x, i vigili del fuoco recuperano qualcosa: un faldone viene salvato dalla distruzione, il suo. E così la magistratura riesce a condannare i criminali per il reato di tratta di esseri umani e riduzione in stato di schiavitù.

E mentre Papa Francesco con i rappresentanti di diverse religioni condanna questa inaudita forma di moderna schiavitù e l’Europa insiste nel chiedere ai Paesi membri di adottare il cosiddetto “Modello Nordico” che colpisce la domanda, l’Italia schiera i suoi migliori politici, che con proposte di legge vorrebbero dirigere il Paese verso l’aberrante prospettiva della prostituzione di Stato.

GUARDA COME ERA STATA RIDOTTA STEFANIA