Curiamo tutti i bambini del mondo: l’appello dell’associazione Kim

Bambini affetti da malattie gravi, senza possibilità di curarsi nei loro paesi di origine, fino al 2012 e grazie ad una delibera della Regione Lazio potevano recarsi a Roma per ricevere la giusta assistenza sanitaria. L’importante iniziativa era iniziata nel 2001 e minori, non appartenenti all’Unione Europea (come Kosovo, Iraq, Afghanistan e Paesi africani), potevano così sperare di sconfiggere la loro malattia. Dal 2012 ad oggi le strutture sanitarie che un tempo si erano prestate per questa nobile causa, non posso più farlo in quanto la delibera della Regione Lazio è stata revocata per mancanza di fondi.

A denunciare la situazione è l’Associazione Kim. “Sono ormai due anni che chiediamo in tutti i modi nel silenzio generale delle istituzioni di ridare validità alla delibera regionale che dal 2001 al 2012, in virtù di un piano umanitario particolarmente dedicato ai minori non appartenenti alla Comunità europea, garantiva il sostegno dei costi ospedalieri agli stranieri provenienti dai Paesi che non erano in grado di attivare cure adeguate”, spiega Paolo Cespa, presidente dell’Associazione Kim.

Infatti in quegli anni la Regione Lazio creava un fondo da utilizzare per coprire le spese ospedaliere, senza passare per mano di nessuna associazione, ma arrivando direttamente nelle casse degli ospedali. “La richiesta partiva dall’associazione, passava per una commissione sanitaria della Rgione la quale reputava se il caso segnalato era affrontabile, dopodiché la regione emetteva una delibera ad hoc per goni bambino, l’ospedale si assumeva l’onere della cura. La delibera veniva rinnovata ogni due anni”.

I fondi stanziati per il 2009/2010 erano 3 milioni di euro l’anno, ma nel 2011 si sono dimezzati – infatti disponibile c’era solo un milione di euro, residuo dei due anni precedenti – mentre da gennaio 2012 il programma fu ridotto ai soli casi umanitari già attivi, ma poi anche per questi il programma fu chiuso il 31 dicembre 2012. In pratica dal 2013 non solo non si sono potuti accogliere più minori malati, ma anche quelli già presenti nel territorio italiano sono stati abbandonati.