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Corruzione, appalti e decentramento

C’è la corruzione. Si inaspriscono le pene, si allungano i termini della prescrizione. Questo dà la sensazione che il fenomeno venga controllato, gestito; anzi, che si crei un’opposizione vera verso un problema che – chissà perché – cresce continuamente in Italia. E lo fa di pari passo con l’aumentare del decentramento dei poteri, con la mancanza di controlli e con la destrutturazione del sistema dei partiti quale luogo di verifica dei comportamenti delle persone.

Sull’onda del clamore di ciò che avviene, si cerca di placare il desiderio di giustizia dei cittadini; e quindi si va nella direzione di inasprire le norme, che diventano sempre più draconiane, ma al tempo stesso impotenti. Il fenomeno corruttivo infatti può essere perseguito a condizione che l’area di intervento sia circoscritta. Ma se l’ambito è esteso, aumentare il livello di durezza delle pene non risulta efficace, nella misura in cui non si riesce a colpire tutti i colpevoli di tale sistema, e dunque di incidere. E comunque si interviene sugli effetti e non sulla causa.

Credo che la politica non voglia affrontare il problema seriamente per due ragioni. La prima è che quando si è in forte ritardo rispetto a un problema si va verso una risposta eclatante, sperando che il rumore copra i malumori; invece ci vorrebbe freddezza e capacità di analisi per intervenire obiettivamente sulle questioni.
La seconda è che credo ci sia una sorta di furbizia per preservare alcune possibilità di recupero di risorse per i comitati. Già, perché per dare risposte immediate ai cittadini si è persino tolto di mezzo il finanziamento pubblico, ma poi si è affidata la politica ai Creso e ai Barabba, cioè a chi ha i soldi o a chi è talmente spregiudicato che non si fa scrupoli di commettere anche dei reati pur di recuperarli per la causa. Elementi che pescano negli appalti pubblici, nelle forniture, nelle convenzioni pubbliche… La corruzione si alimenta in questo modo.

Bene ha fatto Mattarella ad insistere su questo punto, ma se lo ha fatto è perché ritiene che sia stato superato il livello di guardia. Spero che si smetta di dare solo risposte emotive o peggio furbe e si intervenga prioritariamente sulle stazioni appaltanti. In nome di un’autonomia irresponsabile, si sono moltiplicate le possibilità di commissionare appalti; questo ha portato alla diffusione della corruzione. Basti pensare che oggi ci sono circa 20.000 stazioni appaltanti in Italia: penso debbano essere ridotte a non più di un centinaio.
Perché non si fanno queste cose? Perché – come detto – avendo levato il finanziamento ai partiti c’è necessità di approvvigionarsi in modo occulto e illegale. Per andare oltre questo tipo di cose i cittadini devono organizzarsi attraverso nuove ispirazioni che siano l’esatto opposto del vento populista che purtroppo ha indebolito alberi e arbusti della democrazia italiana. L’unico modo per far fronte a questa situazione è l’impegno sui valori classici della democrazia.

 

 

Autore Ospite

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