I trapianti di cuore sono il risultato di una ricerca effettuata con la collaborazione sinergica tra il Victor Chang Cardiac Research Institute e l’ospedale di St Vincent. L’Italia coltiva buone aspettative con la dovuta prudenza che il caso richiede. Francesco Fedele, direttore della Scuola di specializzazione in cardiologia all’Università Sapienza di Roma commenta così l’intervento: “Quella che arriva dall’Australia è una buona notizia, il cuore è una ‘macchina’ che riesce a vivere anche senza innervazione, ha una sua autonomia. Questo ha già permesso una grande balzo in avanti nei trapianti. Ora la notizia che hanno rianimato un organo ‘morto’ è un altro passo avanti. Anche se vorrei conoscere le cause per cui il cuore del donatore ha smesso di battere, perché questo organo deve essere in salute per essere trapiantato”. Se il “cuore in scatola” avrà successo potrà dirlo solo il tempo ma naturalmente la sua riuscita significherebbe un aumento di trapianti fino al 30% in più rispetto agli standard finora raggiunti, una speranza in più per tutti i pazienti affetti da patologie cardiache.
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