La radice dell’odio e faziosità

Sono passati tanti anni dall'uccisione dell’economista Ezio Tarantelli da parte delle Brigate Rosse. Era il 27 marzo 1985 e fu giustiziato da criminali terroristi presso l'Universita La Sapienza di Roma, per aver messo a disposizione della Cisl e del movimento sindacale, una utile impostazione economica, che avrebbe – come poi accadde – sterilizzato gli effetti nefasti della inflazione che falcidiava il valore dei salari, minando la stessa economia. La belva cieca dei brigatisti si avventò sul professore, che con la sua proposta, avrebbe rimesso in discussione strumenti di garanzia oramai logori per gli interessi dei lavoratori. Ci fu una eccessiva enfatizzazione alimentata da ambienti di sinistra contro quel cambiamento, e questo aiutò le iniziative provocatorie di quelle realtà antisistema. Quella fase della vita nazionale andrebbe analizzata nuovamente, perché dalle ferite non curate di quel tempo, si sono originati tanti guai per la stabilità delle istituzioni: le fucine del ribellismo e della demagogia ancora oggi sono vive con altre sembianze. La violenza fu successivamente domata dallo Stato, ma non del tutto la radice culturale che conduce a faziosità ed odio verso gli avversari, che ha avvelenato progressivamente la vita del Paese, come elemento intrinseco nella lotta politica, fino ai giorni odierni.