Il Papa: “Sogniamo una Chiesa serva degli ultimi”

Nell'omelia della Santa Messa a conclusione dell'Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre auspica "una Chiesa che serve, ama, accoglie e perdona"

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“Qual è la cosa più importante? Qual è il centro propulsore? Che cosa conta di più, tanto da essere il principio ispiratore di tutto?”. Domande che ci riguardano direttamente, in quanto “immersi nel fiume vivo della Tradizione”, formulate da un dottore della Legge e che trovano risposta nelle stesse parole di Gesù, al centro dell’omelia di Papa Francesco nella Santa Messa a conclusione dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi. “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Perché amare, ricorda Francesco, è il “primo fondamento”, ciò da cui tutto comincia e ricomincia. E amare Dio “si fa con l’adorazione e con il servizio”.

Amare e servire

È nell’adorazione che emerge l’essenza dell’amore gratuito. Uno stupore “essenziale nella Chiesa, soprattutto in questo momento in cui abbiamo perso l’abitudine dell’adorazione”. Perché adorare “significa riconoscere nella fede che solo Dio è il Signore e che dalla tenerezza del suo amore dipendono le nostre vite, il cammino della Chiesa, le sorti della storia”. Chi adora Dio, ricorda il Papa, “rifiuta gli idoli perché, mentre Dio libera, gli idoli rendono schiavi. Ci ingannano e non realizzano mai ciò che promettono”. Il Signore è un Dio vivente, il cui amore non può essere rinchiuso negli schemi dell’uomo. Egli stupisce proprio perché il suo agire “è imprevedibile”.

Lotta alle idolatrie

La lotta alle idolatrie avviene nel quotidiano. Perché “il diavolo entra dalle tasche”, spiega Papa Francesco, ed è dalla mondanità che derivano le forme di idolatria che per noi sono più pericolose in quanto più prossime, a cominciare “dall’affermazione di sé a ogni costo” e dall’avidità. Ma le idolatrie sono anche spirituali: “Vigiliamo, perché non ci succeda di mettere al centro noi invece che Lui. E torniamo all’adorazione. Che sia centrale per noi pastori: dedichiamo tempo ogni giorno all’intimità con Gesù buon Pastore davanti al tabernacolo. Un preludio all’atto del servire, altra colonna portante dell’amare. “Magari abbiamo davvero tante belle idee per riformare la Chiesa, ma ricordiamo: adorare Dio e amare i fratelli col suo amore, questa è la grande e perenne riforma. Essere Chiesa adoratrice e Chiesa del servizio, che lava i piedi all’umanità ferita, accompagna il cammino dei fragili, dei deboli e degli scartati, va con tenerezza incontro ai più poveri”.

Una Chiesa che serve, ama, perdona

L’umanità sperimenta tante forme di sofferenza. Dalle atrocità della guerra al dramma dell’emigrazione, dalla povertà all’impossibilità di far sentire la propria voce, fino a forme di sfruttamento contro le quali non si agisce. “È un peccato grave – ricorda il Santo Padre – sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società. Noi, discepoli di Gesù, vogliamo portare nel mondo un altro lievito, quello del Vangelo: Dio al primo posto e insieme a Lui coloro che Lui predilige, i poveri e i deboli”. Un atteggiamento proprio della Chiesa, quella “che siamo chiamati a sognare: una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi”. Una Chiesa che “accoglie, serve, ama, perdona”, dalle “porte aperte” e “porto di misericordia”.