“Autelier”, lavoro e dignità attraverso la moda

L'intervista di Interris.it a Paola Tecchiati, referente del progetto "Autelier" che, a Milano, genera inclusione attraverso la moda

© Autelier

Nell’articolo 27, dedicato al lavoro e all’occupazione, la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, fatta propria dall’Italia con la legge 18 del 2009, riconosce il diritto delle persone con disabilità al lavoro, includendo in ciò l’opportunità di mantenersi attraverso la propria attività lavorativa e la libertà di poter fare delle scelte all’interno di un ambiente lavorativo accessibile.

La situazione in Italia

In Italia, nonostante i miglioramenti degli ultimi decenni, allo stato attuale, solo il 31,3% delle persone con disabilità, è inserita nel mondo del lavoro. Questa percentuale però, scende al 18,1% nel caso di condizioni di salute più gravi. Gli anni recenti, malgrado ciò, hanno visto un incremento dell’impegno del Terzo Settore e del privato sociale in nuove forme di inclusione lavorativa, fondamentali per accrescere la dignità delle persone, indipendentemente dalla loro condizione particolare.

L’esperienza di “Autelier”

La moda italiana è considerata in tutto il mondo un esempio e un motore per dare valore all’economia e alla crescita sociale. A Milano, grazie all’impegno dell’associazione “Diesis”, questa eccellenza del nostro Paese, ha saputo diventare uno strumento per garantire un futuro di lavoro e dignità per le persone autistiche attraverso la vendita di abbigliamento e accessori di moda. Interris.it, in merito a questa esperienza di inclusione, ha intervistato Paola Tecchiati, addetta al coordinamento di “Autelier”, con una vasta esperienza nel mondo del design, della moda e della comunicazione, che ha deciso di mettersi al servizio dell’inclusione.

© Autelier

L’intervista

Come nasce e che obiettivi ha “Autelier”?

“’Autelier’ nasce da un progetto dell’associazione ‘Diesis’ che, a sua volta, si è formata nel 2010 con l’obiettivo di trovare un’occupazione per i ragazzi con lo spettro dell’autismo. Negli anni, molti di loro, sono stati accompagnati in percorsi di tirocinio e inseriti in diverse aziende, a tempo indeterminato o determinato ma, purtroppo però, alcuni, non hanno trovato una collocazione. Quindi, due anni fa, abbiamo iniziato a pensare ad una soluzione e, considerato che, per molti anni ho lavorato nell’ambiente della moda, facendo tesoro dei miei contatti, abbiamo pensato di provare a fare un outlet. Il nostro obiettivo è quello di dare loro una formazione mirata in riguardo a tutte le attività inerenti alla gestione di un negozio, assumerne alcuni e proporne altri, con un certo bagaglio formativo acquisito, alle aziende operanti nel settore”.

Quali sono i vostri auspici futuri per lo sviluppo di “Atelier”? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra azione di inclusione?

“Abbiamo aperto il 14 dicembre scorso e vorremmo continuare a sviluppare la nostra start- up. I modi per aiutarci sono diversi: attraverso delle donazioni, come hanno già fatto alcune fondazioni che hanno finanziato il nostro progetto e, da subito, sono state nostre supporter. Inoltre, vorremmo aprire altri punti ‘Autelier’ nella città, per poi diffonderne il format, sperando che possa essere preso ad esempio anche in altre realtà per dare lavoro alle persone autistiche che, attualmente, non hanno così tante possibilità”.