Il caos nel Pd

Il caos presente nel Partito Democratico, ben rappresenta la condizione degradata dell’intera politica italiana. Ciò che valeva ieri può non valere oggi, la mediazione è la pratica sostanzialmente rifiutata per regolare dispareri e contenziosi fisiologicamente presenti nei corpi associativi democratici, il fulcro dell’interesse aldilà delle chiacchiere, riguarda la sorte della singola persona anziché quella collettiva. Lo abbiamo visto e sentito; le posizioni dei vari protagonisti sono mutate con la velocità della luce di fronte all’interesse del momento.

Ottenere un posto sicuro di candidato al Parlamento in una lista, val bene la uscita dal proprio partito. Infatti la dinamica principale che sta conducendo alla scissione il Pd è il dominio delle liste elettorali di Partito per la nuova legislatura che si concluderà tra un anno, ma che potranno essere presentate anche prima, qualora la consistenza della maggioranza in parlamento dovesse venire meno. La minoranza non si fida del criterio che potrebbe usare Renzi nel comporre le liste, ed allora ripudia il PD per farsi un partito più piccolo, ma capace di assicurare piena potestà sulle proprie candidature con un nuovo soggetto e comunque partecipando alla alleanza di centro sinistra.

D’altra parte la sentenza della Corte Costituzionale, reintroducendo in buona parte regole elettorali proporzionali, ha reso possibile un movimento, che difficilmente sarebbe avvenuto se l’Italicum voluto dal Presidente del Consiglio non fosse andata in fumo con il Referendum dello scorso 4 dicembre. Tra la minestra avvelenata cucinata dal Segretario del Partito e la finestra da cui sarebbero usciti con quelle regole comunque dal Parlamento, avrebbero scelto la minestra – seppur nella insicurezza – e sarebbe stata la migliore soluzione in luogo della sicura esclusione dalle liste dello schieramento. Nell’ultimo ventennio si è ritenuto che la governabilità si potesse ottenere con sistemi elettorali maggioritari e con leadership dotate di super poteri, ma il risultato è stato disastroso. I partiti sono più numerosi di prima, la governabilità inferiore, il debito pubblico enormemente cresciuto, la corruzione dilagante.

Meglio fare di necessità virtù con il proporzionale e preferenze restaurati. I guadagni potranno essere molti: più votanti perché ogni cittadino potrà votare il partito che rispecchia esattamente la sua opinione; saranno favoriti la costruzione di Partiti su base associativa democratica; la selezione della classe dirigente sarà regolata dal “cursus honorum” di persone selezionate direttamente dagli elettori; si potrà selezionare la classe dirigente dal basso e la credibilità della politica non potrà che crescere nella progettualità e nella trasparente e salutare mediazione. Queste considerazioni potranno essere opinabili, ma il degrado sta provocando effetti gravissimi sulla vita civile e quella economica. È interesse di tutti cambiare verso. Sbagliare è umano, perseverare negli errori commessi, sarebbe diabolico.