Vangelo del giorno

“Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò”

«Se non altro, credetelo per le opere stesse»
«Aliōquin propter opĕra ipsa credĭte»

Quarta Settimana di Pasqua – Gv 14,7-14

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».

Il commento di Massimiliano Zupi

Che Gesù sia Figlio di Dio, che Dio sia suo Padre, è credibile per le opere da lui compiute. Quali? L’acqua trasformata in vino a Cana (Gv 2,10)? La resurrezione di Lazzaro a Betània (Gv 11, 43-44)? No, perché quelli sono segni e non opere; non hanno valore in sé stessi, ma nel significato cui rinviano: il vino finirà, ma la gioia del vangelo no; Lazzaro morirà una seconda volta, ma chi rinasce alla vita eterna no. Quali sono allora le opere da lui compiute che ci testimoniano che egli è davvero Figlio di Dio? Sostanzialmente, è il suo donarsi come pane, il suo versarsi come vino: il suo amarci fino alla fine (Gv 13,1), fino a dare la sua vita per noi (Gv 10,11.15.1718). Amare donando sé stessi, sprecando la propria vita per chi amiamo: a nostra volta, è questa l’opera che possiamo compiere uguale a quella del Figlio, anzi ancora più grande; l’unica opera cioè che mostra che siamo davvero familiari di Dio (Ef 2,19), partecipi della sua vita già su questa terra: opera più grande, dalla quale risulta provato che abbiamo Dio per Padre e lo abbiamo realmente (1 Gv 3,1), e tra di noi siamo tutti fratelli. Ma come è possibile compiere un’opera simile? Se la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio (Col 3,3): se cioè non proveniamo dal nulla e al nulla siamo destinati; se non dobbiamo confidare in noi stessi o in altre creature che, come noi, polvere erano e polvere torneranno (Gn 3,19); se piuttosto apparteniamo al Padre: se abbiamo la percezione che dal suo bacio abbiamo ricevuto vita e che tra le sue braccia torneremo.

Massimiliano Zupi

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