«Tutto è stato dato a me dal Padre mio» «Omnĭa mihi tradĭta sunt a Patre meo»
In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
Che cosa hanno cercato di scoprire i filosofi di ogni tempo, se non quale sia l’identità Dio e dell’uomo, il loro nome e il loro volto? Che cosa hanno cercato di ottenere i potenti di ogni tempo, se non la vittoria sulla morte, la vita eterna? Ebbene, tutto questo è ciò che il Padre ha rivelato e donato, non ai sapienti e agli intelligenti però, bensì ai piccoli.
Eppure sapienti e dotti mettono a frutto l’intelligenza che l’uomo possiede; tuttavia essa da sola non basta, perché Dio è altro e trascendente: non si lascia dedurre o scoprire; può solo rivelarsi e lasciarsi incontrare. Che l’uomo sia figlio, poi, solo la relazione con il Padre glielo può rivelare.
Che Dio è Padre e noi siamo suoi figli: ecco ciò che sapienti e dotti avrebbero desiderato comprendere, ma non hanno potuto. In fondo, perché essere figli lo si capisce non con la ragione, ma con il cuore. L’esperienza dell’essere figli è esattamente quella che fa e verbalizza Gesù: «Tutto è stato dato a me dal Padre mio».
Un padre, infatti, che abbia una relazione riuscita con il figlio, non può non dare tutto al figlio: tutti i suoi beni, certo, ma anche ogni suo sapere e potere. Il padre, se è padre, dà tutto al figlio; e il figlio, se è figlio, ovvero se è piccolo, se accetta la propria condizione di dipendenza e subordinazione, prende tutto dal padre e solo così diventa capace di farsi a sua volta padre di altri. Il Regno, dicevamo, è un fatto di cuore, appartiene al cuore dei piccoli: è sentire di essere nelle braccia del Signore.
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