«E cercava di vederlo» «Et quaerēbat vidēre eum»
In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elia», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
Il breve brano di oggi comincia con Erode che sente parlare di Gesù e termina con il suo tentativo di vederlo. Si colloca, in effetti, come cerniera tra la prima e la seconda parte del Vangelo di Luca, tutta giocata l’una sul tema dell’ascolto della Parola (1-9), l’altra su quello della visione del Crocifisso Risorto (9-24). L’ascolto infatti suscita il desiderio di vedere, così da portare a compimento la conoscenza e l’incontro con Colui che è stato ascoltato. Ora, però, c’è ascolto e ascolto, visione e visione.
Erode non ascolta direttamente e personalmente Gesù: si limita a sentirne parlare. Del resto, quando aveva ascoltato in prima persona il Precursore, il Battista, si era ben premunito di metterlo tacere, tagliandogli la testa. L’ascolto di Erode non è autentico; non si lascia coinvolgere, non si lascia toccare, non concede nessuno spazio di accoglienza alla Parola, non è docile, non è ubbidiente: non è terra buona, non è cuore assetato e mite; al contrario, è duro d’orecchi e di cervice.
Alla fine però, qualcuno dirà, almeno desidera vedere Gesù. Ancora una volta, tuttavia, il suo è un desiderio di dominio e di potere, non di accoglienza e fiducia: cerca di vedere Gesù, anziché lasciarsi vedere da lui! Il suo sguardo è indagatore: non si lascia penetrare, ferire. Incontrare l’altro significa accoglierlo, ospitarlo, in debolezza; altrimenti non si incontra l’altro, ma lo si schiaccia. Occorre far crescere la terra bella (Lc 8,15), il buon ascoltatore, la Maria che è dentro di noi (Lc 2,19.51; 10,39), e far decrescere la strada sassosa, il cuore indurito, l’Erode che pure ci abita.
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