Ancelotti dice “No” alla Nazionale: “Voglio ancora allenare”

Carlo Ancelotti dice “No” al ruolo di allenatore della Nazionate Italiana. “Significherebbe cambiare mestiere. Io voglio continuare ad allenare una squadra di club”. Ospite alla trasmissione televisiva la 'Domenica Sportiva', Ancelotti smentisce tutte indiscrezioni sul suo futuro sulla panchina azzurra. “Mi onora il fatto che tutti gli italiani mi vogliano – prosegue l'ex tecnico del Bayern Monaco -. Il calcio italiano ha dei problemi e non credo che possa risolverli solo io, è una questione di sistema. Il calciatore italiano, al momento, non è a livello del suo omologo spagnolo, tedesco o inglese”. Ammette però il contatto della Federazione dopo il disastro Mondiale e l'eliminazione contro la Svezia: “La Figc mi ha contattato, ma c'è conflitto di interessi fra la Nazionale e il club. La Figc deve predominare sulle squadre per migliorare il sistema. I club devono aiutare la Federazione. Con Tavecchio non ho alcun problema, ma non ho avuto contatti con lui. Non è un problema di presidenti o altro”. Smentisce poi i contatti col Milan: “Non ho mai avuto contatti con la nuova proprietà, ma mi piacerebbe tornare in Italia. La Juve? Sta facendo cose straordinarie, stimo molto Andrea Agnelli“.

L'inizio di una carriera da record

Come riporta Sky Sport, Ancelotti si è sempre amato definire un sacchiano. Dall’ex allenatore di Fusignano ha appreso tanto. Conoscenze e concetti che ha poi portato con sé quando, dopo i successi da giocatore con le maglie di Roma (uno scudetto e 4 coppe Italia) e, soprattutto, Milan, con cui ha vinto tutto, ha cominciato la sua carriera da allenatore. E non è un caso se il primo incarico sia stato come assistente della Nazionale italiana accanto proprio a Sacchi, dal 1992 al 1995. Prima panchina tutta sua alla Reggiana, squadra a lui cara, dato che è nato a Reggiolo.  Carletto prende la squadra in Serie B e centra subito la promozione in A. La stagione nel campionato cadetto con la Regia non passa inosservata e nel 1996 arriva al Parma, squadra in cui è nato calcisticamente e in cui ha giocato fino al 1979. I Crociati degli anni Novanta miravano in alto. Ancelotti, però, non riesce nell’obiettivo della società, ovvero vincere lo scudetto. Alla prima stagione arriva secondo e si piazza in Champions. L’anno dopo è quinto, posizione che vale l’ingresso in Coppa Uefa. Nel 1998 lascia Parma. Ma senza panchina resta poco. Perché a febbraio del 1999, prende il posto di Lippi alla Juventus. L’arrivo di Ancelotti a Torino è burrascoso. Proteste, striscioni e cori di disapprovazione (diciamo così…) la fanno da padrone. Lui però va per la sua strada e conduce la squadra fino alla semifinale di Champions, persa contro il Manchester United. L’anno dopo, sempre in bianconero, arriva a sfiorare lo scudetto, poi perso, dopo un’intera stagione in testa, sotto l’acquazzone di Perugia. Una delusione enorme. Difficile da mandar giù. E infatti a pagare per quella débâcle è proprio lui. 

L'amore per il Milan

Ancelotti e il Milan, dopo gli anni passati insieme quando era calciatore, si incontrano di nuovo. E' il 5 novembre del 2001 e Ancelotti torna a casa in rossonero al posto di Fatih Terim. È l’inizio di una storia lunga e bella. Fatta di big, campioni, successi. Sono gli anni di Kakà e Shevchenko, di Pirlo e Inzaghi, di Seedorf e della coppia Maldini Neste. Insomma uno squadrane. In cui Carletto nette del suo. Ancelotti riesce da allenatore a replicare quanto fatto da calciatore. La stagione dopo il suo arrivo al Milan porta a casa la coppa Italia e, soprattutto, la Champions League, vinta ai danni della Juve nella notte di Manchester: una rivalsa contro chi non aveva creduto in lui. L’anno dopo è la volta dello scudetto. Nella stagione 2005-06 Craletto è costretto a digerire la delusione sportiva più cocente da quando allena: la sconfitta nella finale di Champions contro il Liverpool. Un’amarezza che resta ancora oggi. Ma che verrà addolcita giusto dodici mesi dopo, quando i rossoneri, sempre con Ancelotti in panca, si vendicano e portano a casa la coppa battendo proprio i Red’s in finale ad Atene. La conquista della Champions è seguita, pochi mesi dopo, dalla vittoria anche del Mondiale per club. Nel 2009 l’addio ai rossoneri. Ancelotti saluta. Destinazione Londra, Chelsea.

Dalla Premier alla Liga 

Carletto nella capitale inglese trascorre due anni, dal 2009 al 2011. Nella prima stagione trionfa in Community Shield, FA Cup e Premier. Ma non riesce a fare ciò che aveva chiesto Roman Abramovich, cioè vincere la Champions League, dove i Blues vengono eliminati agli ottavi dall'Inter di Mourinho. L’anno successivo il Chelsea rimane a bocca asciutta e il patron, che già da un po’ era in disaccordo con il tecnico emiliano, lo esonera a fine stagione. Salutata l’Inghilterra, Ancelotti, dopo mesi di stop, si imbarca in una nuova avventura: il Psg. La nuova proprietà qatariota del club vuole un allenatore di prestigio e Carletto fa al caso loro, prendendo, in corsa, il posto di Antoine Kombouaré. Ancelotti rimane in Francia poco più di un anno. Nella prima stagione, malgrado una squadra fatta da campioni, perde la Ligue 1 in favore del Montpellier, club molto meno ricco del Psg. Poi, nel 2012-13, centra la vittoria del campionato e saluta per andare al Real Madrid. Nella capitale spagnola Ancelotti resta appena due stagioni, dal 2013 al 2015. Ma gli sono sufficienti per entrare nel cuore dei tifosi e nella storia del club. I Blancos chiamano Carletto con un obiettivo ben preciso: conquistare la decima Champions. Cosa che puntualmente avverrà dopo la finale di Lisbona vinta contro i cugini dell’Atletico Madrid. Ancelotti, con Zinedine Zidane vincerà anche un Mondiale per Club e una copa del Rey. Ma la sua seconda stagione in Spagna non è delle migliori. E allora a fine maggio ognuno per la sua strada. Il Real va nelle mani di Rafa Benitez. Carletto riparte dalla Baviera.

La favola col Bayern

Ancelotti, soprattutto dopo aver sfatata il tabù Dècima al Real, è più che mai considerato l’uomo della Champions. Una fama che, al di là delle semplificazioni, gli calza a pennello. Ed è per questo che, nel 2015, viene ingaggiato dal Bayern Monaco per il dopo-Guardiola. Carletto centra subito Bundesliga e Supercoppa di Germania. Viene confermato sulla panchina bavarese, ma qualcosa, sin dall’inizio della stagione in corso, sembra essersi rotto. Critiche, dissapori e musi lunghi dei senatori del gruppo cominciano a farsi largo. Cose dette o fatte intuire. L'aria non è più la stessa. E a certificarlo, arriva la sconfitta di Parigi in Champions, la competizione in cui è più a suo agio. Una batosta che brucia e segna un punto di non ritorno. Tanto che dopo nemmeno 24 ore Ancelotti è senza panchina.