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Un'altra manovra spot

Se teniamo conto del tempo, dei toni, e dell'impegno profuso sulla manovra in questi mesi, sarebbe stato lecito aspettarsi un “new deal” italiano. Invece, da quello che emerge, le decisioni adottate sono così lontane da quanto annunciato che va messo in conto, e breve, il malumore dei cittadini. Di quelli di quelli che li volevano è di quelli che le osteggiavano. E tuttavia il governo precisa e riprecisa che reddito di cittadinanza e superamento Fornero sono stati realizzati. 

Ma il conto finale di questa lunga e rumorosa storia, è molto salato. Finanziare il nostro debito ci è costato tanto e i mutui per le abitazioni hanno subito importanti rialzi; nel frattempo il ceto medio continua a impoverirsi. Per trovare un po’ di soldi, si sono dovuti cancellare bonus, agevolazioni e deduzioni fiscali e promettere all'Ue, improbabili vendite di beni demaniali, oltre a tanti altri espedienti che apprenderemo meglio in seguito. È davvero preoccupante che questo avvenga, non per la soluzione dei nodi economici, ma per distribuire denari presi a debito. E se gli indicatori economici volgono tutti al rosso, il mantra che i nostri governanti ripetono, è che con l’assistenza migliorerà il Pil.

Di questi giorni, all'opinione pubblica, che per ora sembra poco attenta, fa da contraltare l'insistente campagna di allarme per l’economia di alcuni analisti politici dei ‘giornaloni’, che tuttavia non vengono cerduti. Sono gli stessi, infatti, che in altri tempi avevano elogiato le politiche assistenziali varate da Renzi.

Dunque, dopo la conclusione del capitolo primo di questo esecutivo, si può certamente affermare che anche i gialloverdi – e forse più di altri – intendono il ruolo di governo come opportunità per ingraziarsi i favori dell’elettorato con provvedimenti assistenziali, anziché pensare a come riassorbire il debito. D’altro canto, è acclarato: i cittadini puniscono con il voto, non le proposte non compatibili con l’economia, ma quando le promesse, anche le più spericolate, non vengono mantenute. Di qui il corto circuito continuo, che affligge senza pace la politica italiana. Quindi nulla di nuovo sotto il sole; nulla sta cambiando, se non l’avventatezza dell'inesperienza, che rende incapaci di schermire anche i movimenti più goffi, inadatti alle circostanze.

Intanto i 5 Stelle rassicurano a parole il proprio elettorato sul tanto celebrato reddito di cittadinanza, e fanno sapere a ripetizione, che in futuro non ci saranno nuovi intoppi, visto che Junker e Moscovici sono a fine mandato. Ma si sbagliano. Abbiamo già visto che i sovranisti di altri Stati, tra i sostenitori delle politiche italiane, si sono rivelati tra i più spietati denigratori. Ma non poteva che essere così: quando mai si sono visti movimenti sovranisti, sostenere politiche economiche di redistribuzione di soldi non guadagnati?

C’è da giurare che non sarà facile per il futuro la vita del governo. Cosa mai potrà inventarsi di nuovo, per tenere alta l’attenzione degli elettori. Speriamo che la realtà politica governativa più avveduta ne tragga le conseguenze. La riflessione è d’obbligo: non si fanno scelte forti e necessarie per la salute del Paese, con coalizioni molto assortite e dalle posizioni sostanzialmente “chaviste”. E i cittadini non si illudano: non vedranno risolti i loro problemi affidandosi a chi va ripetendo in giro che basta volerlo e i poveri saranno aiutati dai soldi che si prendono dai ricchi. L'auspicio è che in politica esistano ancora persone convinte che l'Italia possa progredire solo quando imparerà a usare bene i suoi punti di forza ed eliminare quelli deboli, per saper vivere nel mondo d’oggi, fortemente cambiato. 

Raffaele Bonanni

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