Opinione

Perché la collaborazione è un bene prezioso

Tutti ci rendiamo conto quotidianamente che, per poter far fronte alle varie difficoltà che si incontrano, abbiamo bisogno dell’aiuto degli altri. Questo vale anche per le associazioni, dove la gestione comune e condivisa dei problemi ha un effetto di migliorare i risultati ottenuti. Ognuno di noi ha una sua rete di contatti e, quando la mette al servizio degli altri, porta beneficio a tutta la collettività. È importante che le associazioni che lavorano nell’ambito sociale imparino a condividere idee, risorse, tempo e obiettivi, per la natura delle loro finalità, ma anche perché molte volte capita che mezzi e risorse reperiti individualmente non siano sufficienti a realizzare un progetto socialmente importante.

La collaborazione fra tanti soggetti ha un effetto moltiplicatore dei risultati attesi. Il concetto di condivisione è importante anche per le informazioni che devono circolare il più possibile. Le conoscenze devono essere messe a fattor comune. Di queste dinamiche si sta rendendo conto anche il settore pubblico che, sempre più, tende a stabilire delle connessioni e dei collegamenti con soggetti esterni, nell’ottica di sfruttare la costruzione di una rete e fornire un servizio migliore alla collettività.

Un esempio concreto può essere quello relativo al Progetto di Vita. Il PVD guarda alla persona con disabilità non come ad un utente di diversi servizi, ma come ad una persona con le sue esigenze, i suoi interessi e le sue potenzialità. Si tratta perciò di un progetto che si articola nel tempo ed ha la finalità di creare le condizioni affinché i servizi e gli interventi si possano realmente attuare e concretizzare in piena sinergia. Le associazioni devono conoscersi e collaborare per fare in modo che le persone disabili o le loro famiglie facciano richiesta del PDV; devono fare informazione, devono seguire le famiglie e aiutarle in questi difficili passaggi. Solo così si possono ottenere buoni risultati.

Il problema è che molte volte le associazioni non si conoscono l’una con le altre, a volte nascono associazioni che esistono già e con le quali si potrebbe collaborare senza formarne delle nuove. È vero anche che le disabilità sono tante e a volte si tende a riunirsi a seconda della disabilità che ha il proprio familiare. Non per voler coltivare il proprio orticello, ma perché si condividono esperienze e momenti di vita che sono comuni, dove ci si ritrova. Quando ci si incontra con le altre associazioni, sono sempre momenti costruttivi, in cui si impara sempre qualcosa, in cui si lavora per far stare bene delle persone speciali e le loro famiglie. Alla fine, lo scopo è sempre questo.

Emanuela Nussio

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