Le parole, in base all’utilizzo che se ne fa, possono diventare ponti o barriere insormontabili. Se usate nel modo adeguato possono aiutare a passare momenti difficili e a lenire dolori ma, se vengo dette con superficialità o senza riguardo per chi ci troviamo di fronte, possono provocare insicurezze e ferite emotive. Quindi, ogni giorno, ma soprattutto quando si parla di disabilità e fragilità, abbiamo il dovere di esprimerci con un linguaggio che metta al primo posto l’empatia e la comprensione dell’altro. I termini utilizzati devono diventare il presupposto dell’inclusione, incentivando la conoscenza reciproca e le opportunità di aiuto vicendevole.
Le parole non devono essere categorizzanti ma diventare occasione di dialogo per meglio comprendere la quotidianità dell’altro e aiutarlo a superare le difficoltà. È fondamentale avere una sensibilità più accentuata in ogni ambito della nostra società per renderla migliore nel suo complesso. L’obiettivo che ognuno di noi, indipendentemente dai ruoli che ricopre, deve porsi è l’ascolto dell’altro finalizzato all’inclusione a 360 gradi. Le parole, in questo caso, devono diventare lo strumento principale per creare relazioni e diritti. La fragilità, in tutte le sue forme, deve essere messa al centro della società e di ogni decisione sul nostro futuro. Tutto ciò ci renderà migliori nel nostro complesso, ma dovrà essere fatto attraverso una comunicazione adeguata e in grado di mettere il farsi prossimo, mediante l’amore oblativo, prima di ogni altra cosa.
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