Opinione

Le leggende e le tradizioni legate alla Scala Santa

A Roma, la “Scala Santa” è uno dei luoghi che romani, pellegrini e i turisti in genere, visitano in particolar modo nell’avvicinarsi della domenica di Pasqua, ed è situata nelle adiacenze della Basilica di S. Giovanni in Laterano, la Madre di tutte le Chiese e Cattedrale dell’Urbe. E’ un monumento legato alla Passione di Gesù e ciò lo rende unico. La tradizione e la devozione vuole che Gesù si sia recato al cospetto di Ponzio Pilato, il prefetto della Giudea per circa un decennio durante il regno dell’imperatore Tiberio (42 a. C – 37 d.C.); percorrendo la ripida scala di ventotto gradini del Pretorio, gradini, che lo stesso Gesù avrebbe consacrato con le gocce del suo sangue.

E dalla quale salì e discese almeno tre volte: quando venne malmenato e ingiuriato, e trascinato dalla casa di Caifa, il sommo sacerdote del sinedrio, al palazzo del prefetto per essere da questi giudicato, quando dal palazzo di Erode, a Gesù fu posta la tunica bianca, riservata ai folli, e infine quando, dopo essere stato flagellato e coronato di spine, fu condotto nuovamente da Pilato che lo abbandonò alla furia e al volere del popolo.

La “Scala Santa” fu portata a Roma da Flavia Giulia Elena (248-329), madre dell’imperatore Costantino (274-337), nel 322 o 326, insieme a due colonne e tre porte del Pretorio. E secondo alcuni studiosi, l’imperatore avrebbe fatto dono della “Scala Santa” a Papa Silvestro I (314-335).

I ventotto gradini in marmo, contenenti ognuno una reliquia, furono fatti rivestire in legno nel 1723, sotto il pontificato di Innocenzo XIII (1655-1724), in un primo momento la “Scala Santa” venne collocata nel portico della vicina arcibasilica di S. Giovanni.

L’edificio in cui è custodita fu sistemato dall’architetto Domenico Fontana (1543-1607), su incarico di Sisto V (1585-1590) allo scopo di salvare e proteggere l’antica cappella privata dei pontefici: il Sancta Sanctorum, situata a sua volta al primo piano del “Patriarchio”, il primitivo palazzo papale, allorché ne fu decisa la demolizione.

All’epoca di papa Stefano III (768-772) la cappella privata era ricordata col nome di San Lorenzo in Palatio, e fatta restaurare dal pontefice Onorio III (1216-1227) e ricostruire dal papa Niccolò III (1277-1280). Attualmente la chiesa, al cui interno si trova la “Scala Santa”, è conosciuta come il Sancta Sanctorum, nome che ricorda quella parte del tempio di Gerusalemme, dove si custodiva l’Arca dell’Alleanza, che secondo il Libro dell’Esodo, conteneva le due tavole di pietra dei “Dieci Comandamenti”.

Diverse sono le reliquie del Sancta Sanctorum, i sandali indossati da Gesù, due frammenti della croce, gli strumenti della Passione e una porzione della tavola dell’ultima cena.

Ma, in questa particolare e unica cappella, al centro dell’altare papale, domina la preziosa e particolare icona del SS. Salvatore, “Acheropita” o “Achiropita” dal greco bizantino significa “non fatto da mano”; anche se la tradizione medievale l’attribuiva all’evangelista Luca, aiutato da un angelo. L’icona è ricordata per la prima volta nel Liber Pontificalis, al tempo del papa Stefano II (752-757), quando si racconta che il pontefice la portò in spalla e scalzo, per le vie di Roma per scongiurare le incursioni longobarde del re Astolfo (749-756).

Ritornando alla “Scala Santa”, l’uso di salire in ginocchio i gradini risale a tempi piuttosto remoti: nessuno, neppure i personaggi più autorevoli hanno evitato di rendere omaggio a questa singolare reliquia della vita terrena di Gesù. Un solo caso, troviamo nelle cronache del’600, quello di un miscredente che la volle salire a piedi; sembra però che quando egli posò il piede sull’undicesimo gradino, quello sul quale Cristo cadde, una forza misteriosa gli fece improvvisamente piegare le gambe.

Gualtiero Sabatini

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