Opinione

L’errore più frequente? Sottovalutare le persone in difficoltà…

Il 2020 è stato un anno in cui la paura e l’insicurezza sono entrate nelle nostre case in modo prepotente, bloccando, indistintamente, le grandi città e i piccoli paeselli. Molte vite sono state spezzate, altre sono state sconvolte, toccate o trasformate: l’uso delle mascherine è diventato obbligatorio, le case sono diventate, per molti di noi, luoghi di lavoro, con soggiorni o camerette diventati sfondi delle nostre videoconferenze.

Per molti altri, invece, il lavoro è andato perduto o si è fermato, con gli aiuti statali che, per i più fortunati, hanno sostituito (almeno in parte) il sostentamento mensile. Queste vacanze di Natale saranno all’insegna delle limitazioni. Negli spostamenti e nell’aggregazione sociale. Il nuovo anno sembra portare un barlume di speranza grazie all’approvazione dei vaccini e all’annuncio dell’avvio della campagna di vaccinazione.

Il 2020 è stato, paradossalmente, un anno di continuità solo per migranti e profughi, che hanno continuato a cercare una vita migliore in Europa, e hanno continuato a morire durante il “viaggio della vita” verso le sue coste. Diciamocela tutta: se vi avessero raccontato di un anno così ci avreste mai creduto? E avreste mai scommesso, dopo un racconto del genere, su di noi e sulla nostra ripresa? E se fossimo una startup, credete che qualcuno avrebbe voglia di investire nella nostra attività, convinto nella nostra capacità di “rialzarci”?

Già, perché l’errore che facciamo più spesso è quello di sottovalutare le persone in difficoltà…! E lo facciamo in ogni settore della nostra vita! Qualche giorno fa Elon Musk ha raccontato su Twitter un aneddoto molto significativo. Il 2020, per lui, è stato un anno davvero importante! Tesla, produttrice di auto elettriche, per quattro trimestri consecutivi, contro le aspettative degli analisti, ha fatto registrare risultati strepitosi, nonostante la pandemia che ha messo in difficoltà l’intero mercato delle automobili! E SpaceX, società aerospaziale che realizza vettori spaziali, in grado di portare persone e materiali in orbita e, letteralmente, “tornare a casa” per essere riutilizzati, continua a lavorare per la NASA a ritmi forsennati!

Queste sono alcune delle sue strepitose “idee” che lo hanno portato al secondo posto della classifica delle persone più ricche del mondo, davanti a Bill Gates (Microsoft) e subito dietro Jeff Bezos (Amazon). Tornando all’aneddoto: Musk, che ha commentato su Twitter (con parecchio scetticismo) l’annuncio di Apple di voler realizzare una auto a guida autonoma entro il 2024, ha raccontato che nel 2017, anno critico per la produzione della “Model 3”, aveva messo in vendita 2 miliardi di dollari di proprie azioni e si trovava “ad un mese dal dichiarare fallimento”.

In quei giorni bui, Musk cercò Tim Cook, amministratore delegato di Apple, per proporgli di acquistare Tesla per 60 miliardi di dollari (circa un decimo del suo valore attuale). Cook addirittura non rispose. “Si è rifiutato di ricevermi“, scrive su Twitter Musk! Col senno di poi questo fu un errore clamoroso. Ma spesso frequente. Così come quello di Olivetti di non acquistare Apple, quando era poco più di una startup in un garage, e così come quello di Blockbuster, quando si rifiutò di acquistare Netflix poco prima di fallire!

Negli anni ’70 e Steve Jobs e Steve Wozniak erano giovani, brillanti ma ancora squattrinati. Carlo De Benedetti, invece, era a capo della Olivetti e la Silicon Valley praticamente non esisteva. La Olivetti aveva appena scritto la storia con il “Programma 101”: il primo Personal Computer. Jobs e Woz chiesero a De Benedetti di partecipare al loro progetto con un investimento di 200 mila dollari in cambio del 20% della società. De Benedetti rifiutò la proposta! Anni dopo rivelò che considerò i giovani fondatori di Apple “solo due smanettoni” e ammise di aver perso “l’opportunità della vita”.

Quell’investimento di 200 mila dollari, oggi, varrebbe 100 miliardi e Olivetti, forse, avrebbe avuto un destino diverso… Nei primi anni del 2000 Netflix non navigava in buone acque. La brillantezza dell’idea di noleggiare una copia “non fisica” di un film era troppo all’avanguardia rispetto ai i videonoleggi di copie fisiche, VHS o DVD. Inoltre la banda larga non aveva ancora preso piede e l’idea di Netflix era, forse, troppo innovativa per il 2000. Non a caso, le perdite erano nettamente superiori ai ricavi, al punto che quell’anno era previsto un crollo di circa 50 milioni di dollari.

Con l’acqua alla gola, Randolph e Hastings, fondatori di Netflix, avevano chiesto un incontro a Blockbuster, trovando per tre mesi solo rinvii con ogni tipo di scusa. Quando arrivò l’assenso, i due partirono dalla California per arrivare a Dallas e, una volta nella sede di Blockbuster, arrivò quindi la proposta di Hastings: 50 milioni, quel tanto che bastava per salvare Netflix. La proposta fu rifiutata e, per fortuna, i due non si scoraggiarono e continuarono a lavorare per salvare l’azienda. Nel 2014, invece, Blockbuster chiuse definitivamente i battenti.

Molte volte facciamo l’errore di sottovalutarci, o di sottovalutare gli altri. Solo perché si sta affrontando un momento negativo. Di sicuro non siamo Tesla o Netflix e di sicuro tutte le altre persone intorno a noi non sono investitori… ma in qualsiasi momento di difficoltà cerchiamo di guardarci dentro e proviamo, un po’ di più, ad investire su noi stessi! Anche perché, al giorno d’oggi, non è detto che gli altri lo faranno!

Paolo Berro

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