Opinione

L’eredità che Karol Wojtyla ci ha lasciato e che non dobbiamo dimenticare

Il passare degli anni dalla scomparsa di Papa Wojtyla non deve farci dimenticare il suo lascito. Esiste infatti il pericolo oggettivo che con il trascorrere del tempo – e soprattutto di un tempo come il nostro con ritmi e cicli così veloci – si scolorino nella memoria della gente le caratteristiche proprie della personalità e dell’opera di Giovanni Paolo II. O, peggio, che il ricordo collettivo si stemperi via via in qualcosa di puramente sentimentale, nostalgico, emozionale. E finisca, questo ricordo, per essere affidato semplicemente alle centinaia di asili, di strade, di piazze, di ospedali, di oratori, di tornei di calcio, che portano il nome di Karol Wojtyla. Anche il professor Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, faceva sua questa preoccupazione. “…il nostro tempo smemorato rischia di dimenticare questa grande figura. E’ la realtà di un mondo, non solo sensibile e volubile, ma che alla fine ha timore dei grandi testimoni, di coloro che hanno nutrito e proposto una visione. C’è un revisionismo istintivo e diffuso che tende ad allontanare e rimpicciolire le grandi figure”.

Dunque, più che dimenticato, più che rimosso, ho l’impressione – per dirla brutalmente – che Giovanni Paolo II faccia “paura”. Con un collega, Giacomo Galeazzi, ho scritto un libro proprio con questo titolo: “Chi ha paura di Giovanni Paolo?”. E la risposta a questo interrogativo sta probabilmente nel “tentativo di chi – fuori dell’universo cattolico ma soprattutto dentro, dentro i centri di potere e non certo all’interno del popolo di Dio – teme, e perciò rifiuta, l’eredità di questo Pontefice che ha cambiato la storia della Chiesa e del mondo. Ma che – ecco il perché della paura, del rifiuto – ha tracciato contemporaneamente la via per un cambiamento ancora più profondo, più radicale, sia della Chiesa che del mondo”.

C’è chi ancora oggi parla di un Giovanni Paolo II che avrebbe affossato il Concilio, o almeno ne avrebbe frenato gli sviluppi. E’ una autentica falsità. Figlio del Concilio Vaticano II, Karol Wojtyla è stato il Papa che forse più lo ha tradotto nella realtà ecclesiale: passando cioè da dei documenti, belli, bellissimi, ma rimasti sulla carta, a delle iniziative concrete. Si pensi per esempio ai grandi temi della costituzione “Gaudium et spes”: la famiglia, la cultura, la giustizia, la guerra, la pace; ebbene, per ciascuno di questi temi, papa Wojtyla ha portato avanti la riflessione, in rapporto alle nuove esigenze della Chiesa, alla nuova condizione umana, alle nuove situazioni nel mondo. Un altro punto: la libertà religiosa.

Il Concilio, in proposito, aveva scritto parole rivoluzionarie, ma poi è stato Wojtyla che ha strettamente collegato il rispetto della libertà religiosa al rispetto dei diritti umani. E ancora: i rapporti con l’ebraismo. Il Concilio Vaticano II aveva cancellato l’accusa di deicidio, aveva ricordato i legami spirituali inscindibili tra il cristianesimo e i “Fratelli maggiori”. Ma tutto questo, per certi aspetti, era rimasto solo sulla carta, sulle parole del documento conciliare. E’ stato Giovanni Paolo II a compiere quel gesto storico – primo Papa ad entrare in una sinagoga – che ha fatto diventare realtà quanto il Concilio aveva scritto.

Gianfranco Svidercoschi

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