Opinione

Come sono nate le opere di misericordia

La misericordia è uno degli attributi fondamentali di Dio, del suo amore senza confini, e inseparabile dalla sua giustizia. Uno dei temi più ricorrenti sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. Cristo rende “visibile” il Padre, presentandolo proprio in questo atto gratuito e libero: un atto che Dio compie in maniera definitiva nei riguardi dell’uomo, soprattutto se quest’uomo soffre, o viene minacciato nella sua dignità, nella sua esistenza.

Eppure, malgrado tutto il suo carico di significati, malgrado il suo essere all’origine della missione stessa della Chiesa, la misericordia lungo i secoli era via via scomparsa. Scomparsa dal linguaggio e, ancora più grave, dalla vita della Chiesa. Ma come spiegare questo progressivo oscuramento? All’inizio, probabilmente, c’era stata la volontà di portare il popolo cristiano a vivere concretamente l’insegnamento di Gesù, in linea con l’interpretazione che ne dava sant’Agostino: “Una compassione del nostro cuore verso l’altrui miseria”.

Ed erano nate le opere di misericordia, rivolte appunto al sollievo dei mali del prossimo. Ma poi ci si era messa di mezzo la solita tendenza della Scolastica a classificare tutto per categorie, con norme precise. Le opere erano stati divise in sette per il corpo (“dar da mangiare agli affamati, dar da bere…”) e sette per lo spirito (“consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti…”); e anche sintetizzate in due versi mnemonici latini: “Visito, poto, redimo…consule, carpe, doce…”, per facilitare sia la missione catechistica sia l’apprendimento dei credenti.

E non solo. Erano sorte iniziative laicali, come la Compagnia (o Arciconfraternita) della misericordia. Eravamo attorno al 1250, a Firenze. Piero di Luca Borsi, un facchino, non ce la faceva più ad essere attorniato da una manica di compagni ubriaconi, dediti al gioco, bestemmiatori. Allora, gli era venuto in mente di proporre una “multa” per ogni bestemmia. Tutti avevano accettato. E, con le somme raccolte, avevano fatto fare sei “zane”, o barelle, da impiegare per il trasporto di malati o di feriti. La cosa aveva preso piede, si era allargata, ed era stata di grande aiuto sociale in occasione di pandemie, fintanto ad arrivare ai nostri giorni. “Lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio; confidiamo nella sua pazienza che sempre ci dà tempo – esorta papa Francesco-. Sentiremo la sua tenerezza, tanto bella, sentiremo il suo abbraccio e saremo anche noi più capaci di misericordia, di pazienza, di perdono, di amore”.

Gianfranco Svidercoschi

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