Allarme cinghiali, l’indagine della Procura sulla gestione delle aree verdi

Non si ferma l’onda lunga del caso cinghiali per le strade di Roma. A seguito dell’incidente che, il 19 marzo scorso, era costato la vita a un motociclista di 49 anni, scontratosi con un ungulato nei pressi del Parco dell’Inviolatella borghese, la Procura di Roma aveva aperto un’indagine per far chiarezza sugli oscuri motivi della presenza così massiccia dei suini selvatici per le strade capitoline. L’occhio degli inquirenti si è allungato dapprima sulle aree verdi cittadini e, ora, anche (e soprattutto) sulle aree naturalistiche ai confini di Roma, affidando ai carabinieri forestali il compito di appurare lo stato di sicurezza delle recinzioni e l’efficacia della sorveglianza degli addetti.

L’indagine

Dopo un primo momento di sconcerto sui faccia a faccia con i cinghiali, la situazione si è fatta davvero spinosa. Negli ultimi tempi, gli incontri ravvicinati con grossi animali selvatici sono diventati fin troppo frequenti e, di rimando, anche le collisioni e il rischio di seri incidenti si sono fatti più concreti. L’emergenza è particolarmente evidente a Roma Nord, la zona più vicina all’area naturalistica del Parco di Veio da dove, presumibilmente, si è spinta la maggior parte dei cinghiali. Il fascicolo della Procura, aperto dal pm Marcello Monteleone (con delega d’indagine alla Polizia forestale), si propone di capire le motivazioni dell’avvicinamento, tentando di appurare le cause che, eventualmente, potrebbero contribuire a fornire soluzioni. Rimedi che, nel frattempo, sono stati solo abbozzati, con la proposta di rafforzare le recinzioni dei parchi extraurbani e di eliminare i rifiuti in strada (problema annoso) rimuovendo la maggior parte dei cassonetti.

L’emergenza

L’indagine della Procura, però, non tiene in considerazione esclusivamente le aree verdi della parte settentrionale dell’Urbe ma anche le altre sparse sul territorio capitolino, in modo da ottenere una panoramica completa sulla gestione delle stesse e sull’eventuale presenza di specie animali non poste in stato di cattività. D’altronde, la morte del motociclista è stato solo il più grave di una serie di incidenti che ha visto coinvolti umani e ungulati per i quali, in questo momento, è necessario capire la causa scatenante e, eventualmente, capire se vi siano o meno dei responsabili. Certo è che, almeno finora, le contromisure sono state esigue, a partire dalla diatriba sulla dichiarazione o meno di tale situazione come un’invasione. I cittadini hanno sempre sostenuto che lo fosse, a livello amministrativo, dalla Regione in giù, il percorso è stato più lento e, inevitabilmente, la gravità del problema è cresciuta in modo proporzionale. Fino a rendere necessario un’indagine allargata che, probabilmente, qualche risposta dovrebbe fornirla.