Veglia di Pasqua, il Papa: “Il Risorto vive e conduce la storia”

Nell'omelia della Veglia pasquale, il Santo Padre ricorda l'importanza che assume l'invito ad andare in Galilea: "Cristo non è un ricordo d'infanzia, Egli è vivo"

Papa Francesco veglia Pasqua
Foto © Vatican Media

“Le donne pensavano di trovare la salma da ungere, invece hanno trovato una tomba vuota. Erano andate a piangere un morto, invece hanno ascoltato un annuncio di vita”. Spavento e stupore. Due sentimenti simili quanto contrastanti quelli che, come racconta il Vangelo, provarono coloro che si recarono al sepolcro di Gesù, trovando la pietra divelta e il corpo scomparso. E, nell’omelia della Veglia di Pasqua, è su queste due emozioni che si concentra la riflessione di Papa Francesco, che celebra dopo il rintocco delle campane che annunciano la venuta del Risorto. “Stupore: in questo caso è un timore misto a gioia, che sorprende il loro cuore nel vedere la grande pietra del sepolcro rotolata via e dentro un giovane con una veste bianca. È la meraviglia di ascoltare quelle parole: ‘Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto‘”.

Ripartire dalla Galilea

Ma c’è un invito che, nell’emozione di trovarsi dinnanzi al miracolo, forse non assume la risonanza che meriterebbe: “Egli vi precede in Galilea, là lo vedrete”. Un invito di Pasqua che il Santo Padre chiede di accogliere: “Cosa significa? Andare in Galilea significa, anzitutto, ricominciare. Per i discepoli è ritornare nel luogo dove per la prima volta il Signore li ha cercati e li ha chiamati a seguirlo”. E il concetto del precedere suona come una sorta di nuovo richiamo: “Il Risorto sta dicendo loro: ‘Ripartiamo da dove abbiamo iniziato. Ricominciamo. Vi voglio nuovamente con me, nonostante e oltre tutti i fallimenti’. In questa Galilea impariamo lo stupore dell’amore infinito del Signore, che traccia sentieri nuovi dentro le strade delle nostre sconfitte”.

L’invito della Pasqua

Il Signore traccia sentire nuovi. E il primo annuncio della Pasqua è proprio nell’invito rivolto ai discepoli: “E’ possibile ricominciare sempre, perché sempre c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti. Anche dalle macerie del nostro cuore Dio può costruire un’opera d’arte… Egli ci precede sempre: nella croce della sofferenza, della desolazione e della morte, così come nella gloria di una vita che risorge, di una storia che cambia, di una speranza che rinasce. E in questi mesi bui di pandemia sentiamo il Signore risorto che ci invita a ricominciare, a non perdere mai la speranza”. Ma andare in Galilea significa anche percorrere vie nuove, “muoversi nella direzione contraria al sepolcro”.

Una fede senza paura

Un concetto che si legge nel gesto delle donne di andare verso il sepolcro:  “Vanno cioè a fare memoria di ciò che hanno vissuto con Lui e che ora è perduto per sempre. Vanno a rimestare la loro tristezza. È l’immagine di una fede che è diventata commemorazione di un fatto bello ma finito, solo da ricordare”. Qualcosa che accomuna molti di noi, che vivono “la fede dei ricordi”, come se “Gesù fosse un personaggio del passato, un amico di gioventù ormai lontano, un fatto accaduto tanto tempo fa, quando da bambino frequentavo il catechismo”. Ma la fede non è fatta di abitudini: essa è viva e chiede di “rimettersi in strada”, di affidarsi a Dio “senza la presunzione di sapere già tutto, ma con l’umiltà di chi si lascia sorprendere dalle vie di Dio”. Senza avere paura di ciò che può sorprenderci.

Il Risorto in Galilea

Ma non solo. Andare in Galilea è anche “andare ai confini”, dove Gesù ha iniziato la sua missione, “rivolgendo l’annuncio a chi porta avanti con fatica la vita quotidiana, rivolgendo l’annuncio agli esclusi, ai fragili, ai poveri, per essere volto e presenza di Dio, che va a cercare senza stancarsi chi è scoraggiato o perduto, che si muove fino ai confini dell’esistenza perché ai suoi occhi nessuno è ultimo, nessuno escluso”. E’ il luogo della vita quotidiana, delle strade percorse ogni giorno, “in cui il Signore ci precede e si rende presente, proprio nella vita di chi ci passa accanto”. E’ in Galilea che “possiamo trovare il Risorto nel volto dei fratelli, nell’entusiasmo di chi sogna e nella rassegnazione di chi è scoraggiato, nei sorrisi di chi gioisce e nelle lacrime di chi soffre, soprattutto nei poveri e in chi è messo ai margini”.

L’amore senza confini è il terzo annuncio della Pasqua. Il Risorto “ha piantato la sua presenza nel cuore del mondo e invita anche noi a superare le barriere, vincere i pregiudizi, avvicinare chi ci sta accanto ogni giorno, per riscoprire la grazia della quotidianità”. E’ con il Risorto che la vita può davvero cambiare. “Perché – conclude Papa Francesco – oltre tutte le sconfitte, il male e la violenza, oltre ogni sofferenza e oltre la morte, il Risorto vive e il Risorto conduce la storia”.