Prosegue la conta delle vittime e dei feriti – oltre mille – dopo i forti terremoti di mercoledì 3 aprile a Taiwan, il primo di magnitudo 7.4, il secondo di 6.5, seguiti da un centinaio di repliche anche molto forti, sui 5 gradi di magnitudo.
A quanto riferito dall’Amministrazione meteorologica taiwanese, l’epicentro del sisma è stato rilevato nelle acque 25 chilometri a sud della contea di Hualien e a 138 chilometri da Taipei. La contea di Hualien ha segnalato il crollo di 26 edifici, dove i soccorritori stanno lavorando per estrarre le persone intrappolate sotto le macerie.
Sono saliti ad almeno 1.050 i feriti per le conseguenze del terremoto di magnitudo 7.4 che ha colpito Taiwan, con un bilancio dei morti per adesso fermo a 9 ma con decine di dispersi e di persone bloccate nei sottopassi stradali o in zone rimaste isolate. Le autorità rendono noto di essere in contatto con 101 persone isolate, anche se mancano all’appello almeno 46 persone. A Hualien, la città più colpita, numerosi abitanti hanno trascorso la notte all’aperto perché hanno avuto la casa danneggiata o distrutta o per paura di nove scosse, che comunque si sono ripetute, compresa una di magnitudo 4.5 nelle ultimissime ore.
“Al momento la cosa più importante, la massima priorità, è salvare le persone”, ha detto il presidente eletto William Lai, parlando all’esterno di uno degli edifici più danneggiati nella città di Hualien, la cui contea è rimasta tagliata fuori dal resto dell’isola tra crollo di ponti, frane e rottura della rete stradale.
L’isola di Taiwan è stretta in una morsa, che scatena periodicamente grandi terremoti come quello avvenuto nelle prime ore del 3 aprile con magnitudo 7.4. “Si trova compressa tra la placca delle Filippine e quella Eurasiatica”, spiega all’ANSA Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia: “La placca delle Filippine si avvicina a quella Eurasiatica di oltre 7 centimetri l’anno e questo attiva lo scorrimento delle faglie. La scossa – aggiunge Doglioni – è stata 30 volte più forte di quella registrata a L’Aquila nel 2009″. Secondo l’Istituto Geologico degli Stati Uniti, infatti, la placca dell’Eurasia spinge verso Est in direzione contraria a quella delle Filippine, e la rottura della faglia che ha generato il forte sisma è avvenuta lungo una linea che va da Nord-Est a Sud-Ovest. “In genere, questi eventi seguono un percorso standard – afferma Doglioni – con una prima scossa più forte seguita da scosse di assestamento di intensità inferiore. La durata di questo fenomeno dipende dalla magnitudo del terremoto principale: più è forte più tempo ci vuole”.
Fonte: Ansa
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