Primo piano

Sei morti nel crollo di un seracco sul ghiacciaio della Marmolada

Un enorme seracco si è staccato dalla Marmolada, al confine tra il Trentino e il Veneto, uccidendo almeno sei alpinisti e ferendone molti altri, almeno nove, di cui due in modo grave. Un bilancio che potrebbe aggravarsi ancora: il Soccorso Alpino, che ha evacuato diciotto persone e chiuso il ghiacciaio per il rischio di altri crolli, sta cercando di capire se e quanti manchino ancora all’appello.

“Non ho mai visto su queste cime una cosa del genere. Non è stata la solita valanga: è la natura. Se volessimo fare un paragone con l’edilizia potremmo parlare di un cedimento strutturale“, racconta un soccorritore, che attribuisce al gran caldo di questi giorni la probabile causa dell’incidente. Nella zona, oggi è stata registrata la temperatura record di 10,3 gradi, con la minima che la scorsa notte è rimasta sempre sopra i 5 gradi.

Cosa è accaduto

Il distacco è avvenuto intorno all’ora di pranzo nei pressi di Punta Rocca, lungo l’itinerario di salita della via normale, e ha travolto diverse cordate di escursionisti – italiani e stranieri secondo quanto si apprende – che stavano raggiungendo la vetta con i ramponi. I primi testimoni hanno parlato di 4 cordate lungo la parete e, secondo quanto ricostruito finora dagli inquirenti, la valanga potrebbe averne travolte due, ognuna composta da sei alpinisti. Tra le vittime ci sarebbero anche le guide alpine. A venire giù è stata proprio una parte della cima della Marmolada, un ghiacciaio che ha centinaia di anni: il crollo si è verificato attorno ai tremila metri, 300 metri sotto la vetta, mentre le ricerche si sono concentrate ad una quota più bassa, tra i 2.500 e i 2.800 metri.

I soccorsi

I feriti si sono salvati solo perché erano lontani dall’area del crollo, investiti dallo spostamento d’aria e da piccoli detriti. Subito dopo le prime notizie che giungevano dalla cima della montagna, si sono attivate tutte le stazioni del soccorso alpino della zona, almeno cinque elicotteri e le unità cinofile, che hanno operato fino a quando anche i soccorritori sono stati evacuati per l’elevato pericolo di ulteriori distacchi.

Il rischio

Un pezzo della calotta sommitale di Punta Rocca è rimasto in bilico, centinaia e centinaia di metri cubi di ghiaccio che potrebbero venire giù da un momento all’altro. Per questo motivo i comuni di Canazei (Trento) e di Rocca Pietore (Belluno) hanno vietato, con apposite ordinanze, l’accesso e la percorrenza dell’area interessata dalla valanga fino a quando non sarà accertata la natura del distacco con gli opportuni rilievi glaciologici e geologici.

Le vittime

I feriti sono stati trasportati negli ospedali di Belluno, di Treviso e di Trento, mentre le salme delle vittime sono state portate allo stadio del ghiaccio di Canazei, paese della Val di Fassa che si trova a pochi chilometri dal passo Fedaia, dove parte la funivia per salire in vetta. Attivato anche un team di psicologi per assistere i parenti delle vittime, che non sono ancora state identificate. Per farlo è probabile che sarà necessario l’esame del dna.

Il fascicolo

La procura di Trento ha aperto un fascicolo, al momento a carico di ignoti, che ipotizza il reato di disastro colposo. Ad occuparsi delle indagini, con il procuratore Sandro Raimondi, è il pm Antonella Nazzaro. “E’ un disastro inimmaginabile – ripetono gli inquirenti – una carneficina”.

Il cordoglio di Draghi

Esprime “il più profondo cordoglio per le vittime del terribile crollo sulla Marmolada” il presidente del Consiglio Mario Draghi, che a nome del governo italiano esprime vicinanza “alle loro famiglie e a tutti i feriti”. Il premier sta seguendo di persona l’andamento dei soccorsi, informato dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, dal Presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti, dal soccorso alpino, dai vigili del fuoco e dalle autorità locali, “che ringrazia – si legge in una nota di Palazzo Chigi – per il loro incessante lavoro”. Dolore e sgomento, apprensione e angoscia sono i sentimenti bipartisan della politica, che parla di una “terribile tragedia”.

Lorenzo Cipolla

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