Lezioni spalmate, orari rivisti e altri accorgimenti anti-assembramento potrebbero non essere sufficienti a garantire la sicurezza richiesta per l’anno scolastico in arrivo. Ma nemmeno le linee guida pensate dal Ministero dell’Istruzione, che sostanzialmente rivedono metodi e struttura della didattica per adeguare i programmi scolastici alle esigenze imposte dalle scorie della pandemia. A suonare l’allarme è l’intero sistema scuola, dai dirigenti scolastici alle famiglie, apparse per nulla soddisfatti dalla bozza del Piano scuola 2020-2021: “Classi spezzettate in piccoli gruppi con alunni dalle età diverse. Lezioni di quaranta minuti anziché sessanta. Insegnamenti trasversali per accorpare materie e risparmiare un po’ di ore. Didattica mista, metà in presenza e metà a distanza, per gli studenti delle superiori. Non è questa la scuola che vogliamo”. Un dissenso che, a breve, si concretizzerà in una protesta di piazza, a pochi giorni dall’atteso esame di Maturità.
La critica congiunta arriva innanzitutto dal comitato Priorità alla scuola, composto in prevalenza da genitori, secondo il quale il programma pensato dal Miur non corrisponde, o quantomeno non soddisfa appieno, le esigenze scolastiche degli allievi: “Il documento dice l’esatto contrario di quello che chiediamo – ha spiegato Costanza Margiotta, portavoce del comitato -. In questo modo il governo punta a scrollarsi di dosso ogni responsabilità facendo ricadere tutto sui presidi, ma non si rende conto che farà un danno enorme ai nostri ragazzi. Imponendo turni, riducendo la didattica, prevedendo l’esternalizzazione di alcuni servizi e mettendo nello stesso gruppo alunni di prima e quinta elementare si perde ogni continuità nella programmazione didattica”. Il punto, secondo Margiotta, è che saranno gli studenti a rimetterci, ritrovandosi “con grosse lacune e le diseguaglianze aumenteranno. Per non parlare del fatto che non è specificata alcuna indicazione sui protocolli sanitari da rispettare. La nostra diventerà una manifestazione contro le linee guida e, se le cose non cambieranno, a settembre non porteremo i ragazzi nelle scuole, le occuperemo”.
Concordi anche i dirigenti scolastici, con l’Associazione nazionale presidi a stigmatizzare il programma abbozzato dal Ministero, con il quale “ognuno di noi dovrà cimentarsi in un gioco degli incastri ridisegnando spazi, composizione delle classi, turnazione dei ragazzi e degli insegnanti. I nostri istituti non sono adeguati ad affrontare da soli questa situazione, mancano gli spazi e mancano i docenti. Nella bozza delle linee guida si parla di un miliardo destinato al personale, ma più che ai docenti si fa riferimento agli Ata. Certo si tratta di un aiuto indispensabile, ma certo non si può pretendere che un custode passi un’ora intera a sorvegliare una classe in attesa che arrivi l’insegnante impegnato in un’altra lezione. Questa è follia”.
L’attacco arriva anche da parte dei sindacati: “La prima impressione – ha spiegato il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli – è che manca del tutto la premessa più importante, che è quella degli investimenti. I soldi ci sarebbero, dai fondi strutturali senza vincoli già da adesso, alle risorse del Recovery fund a quelle del Mes. Il punto è che è questo il momento di decidere dove dirottarle e la scuola non può essere dimenticata. Per far ripartire a pieno ritmo gli istituti tra personale, interventi di edilizia e dispositivi di sicurezza, occorrerebbero almeno 2,9 miliardi di euro in più”.
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