Come da copione il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è salito al Quirinale dove ha formalizzato le sue dimissioni, conseguenza della sconfitta al referendum del 4 dicembre. Il premier ha lasciato il Colle dopo un colloquio di quasi tre quarti d’ora con il Capo dello Stato. Domani, giovedì 8 dicembre, avranno inizio le consultazioni a partire dalle ore 18:00.
Nel pomeriggio il Senato ha approvato in via definitiva la legge di Stabilità. In tempi record, come auspicato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che aveva chiesto al premier di congelare il passo indietro sino all’ok alla manovra, per evitare il rischio di esercizi provvisori. Il testo, su cui il governo aveva posto la questione di fiducia, è stato licenziato con 166 sì, 70 no e un astenuto. “Legge di bilancio approvata. Alle 19 le dimissioni formali. Un grazie a tutti. Evviva l’Italia” aveva twittato Renzi dopo l’ok di Palazzo Madama.
La posizione di Renzi è chiara: o un governo di responsabilità nazionale sostenuto dalle principali forze politiche o le urne. Quest’ultima possibilità ha però incontrato le resistenze di Mattarella, che considera “inconcepibile indire elezioni prima che le leggi elettorali dei due rami del Parlamento vengano rese omogenee”. Insomma secondo il Colle andare al voto con l’Italicum alla Camera (sia pur dopo l’intervento della Corte Costituzionale) e con il Consultellum al Senato non è una soluzione accettabile. Con buona pace di Lega e M5s, che hanno fretta di andare alle Urne. E dello stesso Renzi che, pur sconfitto, può contare ancora sul sostegno del 40% degli italiani. Un peso elettorale che il segretario Pd farà valere nel confronto con la minoranza dem.
Mattarella, in ogni caso, rinvierà ogni decisione all’esito delle consultazioni, che dovrebbero iniziare il 9 dicembre, dopo la festa dell’Immacolata. Ascoltando tutte le forze politiche che siedono in Parlamento capirà se esistono i presupposti per un governo delle larghe intese, buono per il varo di una legge elettorale unitaria. A favore del Quirinale gioca il prolungamento dei tempi per la decisione della Consulta sull’Italicum, annunciata per l’udienza del 24 gennaio. Lo slittamento esclude la possibilità di votare già a febbraio, che era stata paventata, tra gli altri, dal ministro dell’Interno Alfano.
foto di Ansa.it
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