Il referendum costituzionale del 20 e 21 settembre si sta sempre più trasformando in uno scontro politico, un voto sul governo e un test di tenuta per la maggioranza. Insomma del taglio del numero dei parlamentari resta ben poco, anche perchè è ormai difficile capire chi e perchè è favorevole o contrario.
Il segretario Zingaretti propone il voto positivo al referendum, respingendo le “motivazioni banali” e spiegando che “il motivo principale sta nel fatto che a questo atto possono seguire altre riforme”. La corrente di Orfini non partecipa al voto e seguono una serie di nomi dem che voteranno comunque no al taglio dei parlamentari: da Zanda a Parisi, Cuperlo, Boldrini, Prodi, Fioroni, Bindi.
Diviso al suo interno anche Liberi e Uguali con Bersani per il Sì e Grasso per il No. L’inivito di Roberto Speranza è a non politicizzare il voto sul taglio dei parlamentari per non commettere l’errore fatto all’epoca del governo Renzi.
Il taglio del numero dei parlamentari è da sempre una “bandiera” del Movimento Cinque Stelle. Luigi Di Maio è sceso in campo per sostenere il Sì al referendum, ma non sono mancate voci fuori dal coro all’interno dei grillini.
Lo stesso vale per la Lega, altro partito a favore del taglio dei parlamentari alle prese con importanti dissensi interni come quello di Claudio Borghi.
Il partito della Meloni sembra essere al momento il più coerente. La linea è quella del “meno peggio“: meglio cominciare a fare qualcosa, tagliando i parlamentari che non fare nulla. La riforma perfetta non si trova dietro l’angolo.
Libertà di voto per i renziani di Italia Viva. Stessa linea per Forza Italia, anche se il suo leader Berlusconi ha espresso le sue perplessità sulla riforme. Anche all’interno del partito la voce contraria al referendum è piuttosto forte con Baldelli, Brunetta, Cangini.
Schierati apertamente per il no al referendum è +Europa, Azione di Calenda e il movimento delle Sardine.
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