I primi dati dell’Osservatorio dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) sulle Residenze sanitarie per Anziani (Rsa), mostrano che dal 1 febbraio sono stati fra 6.000 e 7.000 i decessi all’interno nelle strutture. Non tutti i decessi sono però dovuti al coronavirus: gli anziani morti con sintomi riconducibili al Covid-19 sono circa il 40% del totale. “Complessivamente più del 40% dei residenti deceduti nelle Rsa aveva sintomi riconducibili all’infezione o il tampone positivo”, ha spiegato Graziano Onder, direttore del Dipartimento Malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento dell’Iss, ieri. “Questa indagine ha interessato complessivamente strutture che ospitano in totale 80mila residenti – ha ricordato Onder -. Non ci sono stime reali in Italia dei residenti nelle Rsa, alcune dicono 280mila, quindi la survey copre circa un terzo e un quarto della popolazione di tutte le Rsa italiane. La distribuzione è maggiore nel Nord Italia. Abbiamo chiesto alle strutture quanti decessi sono stati registrati dal 1 febbraio ad oggi (15 aprile). Le informazioni – ha concluso – che ci sono state date riguardano tra i 6-7mila decessi, un campione tra il 7-8% di tutti i residenti. Abbiamo chiesto poi quanti di questi avessero un tampone positivo (circa un migliaio) e quanti i sintomi riconducibili al Covid-19 o simil influenzali”.
Il governatore della Lombardia Fontana si difende: “Non abbiamo assolutamente sbagliato niente”. Intanto, sulle presunte carenze e ritardi degli interventi regionali sulla diffusione del virus nelle case di riposo sta indagando la Procura di Milano. Al centro dell’indagine la Rsa Pio Albergo Trivulzio, una casa di cura di Milano destinata per oltre due secoli agli anziani meno abbienti. Ci sono “difficoltà di approvvigionamento” dei dispositivi di protezione “ed è pertanto necessario tutelare in via prioritaria gli operatori che si stanno occupando dei pazienti Covid positivi”. Così scriveva, stando a quanto riportato in un documento del Pio Albergo Trivulzio la Direzione Welfare di Regione Lombardia il 14 marzo in una “raccomandazione” inviata anche al Pat. Allo stesso tempo, però, si legge sempre nei bollettini della ‘Baggina’, fino al 3 aprile la struttura spiegava che i tamponi erano previsti solo “per le strutture ospedaliere“. Lo scrive Ansa. “Le disposizioni pervenute sia dai Decreti promulgati, sia dalle successive Delibere e Ordinanze Regionali stabiliscono che i tamponi per Covid-19 siano da destinare alle strutture ospedaliere e non alle Strutture sociosanitarie”.
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