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MARI INQUINATI, PLASTICA PER CENA

Mangereste mai un pezzo di plastica? La risposta è scontata: nessuno dotato di buon senso addenterebbe e ingoierebbe un foglio di cellophane o una porzione di polistirolo. Ma, contrariamente a quanto potremmo pensare, questo avviene ogni giorno sulle nostre tavole, mentre ci illudiamo di utilizzare, per la nostra cucina, solo prodotti sani. La colpa è nostra, o meglio, della quantità di rifiuti che disperdiamo nell’ambiente e in particolare nei mari. Uno studio scientifico, infatti, ha di recente analizzato la quantità di plastica degradata, cioè soggetta a processo di deterioramento, presente negli oceani facendo una scoperta choc: nei principali bacini acquatici del pianeta si trovano almeno 5.250 miliardi di particelle di questo materiale, pari a 268.940 tonnellate.

Una vera e propria marea nociva e invisibile che finisce, secondo gli scienziati, inevitabilmente per essere ingerita dal plancton, cioè da microrganismi alla base della catena alimentare. In breve: il plancton mangia sostanze tossiche, il pesce mangia il plancton, noi mangiamo il pesce. E siccome la plastica non viene smaltita dai nostro corpo inizia a circolare insieme al sangue andandosi poi a depositare a ridosso di cuore, polmoni, fegato, cervello e quant’altro.

Per capire la portata delle conseguenze, basti pensare che da tempo il Polo Nord è “invaso” da sostanze chimiche come i Pop (Persistant Organic Pollutants – inquinanti organici persistenti), Pcb (policlorobifenili), Ddt (il pesticida da tempo messo a bando nei Paesi occudentali) e Clordano, un insetticida ad ampio spettro usato per frutta e verdura, e diossine. Nel latte delle donne eschimesi il clordano e il Pcb si trovano rispettivamente in quantità dieci e cinque volte superiori rispetto al livello registrato in quelle che vivono nelle aree industriali del Canada del Sud. Queste sostanze possono danneggiare il fegato, i sistemi riproduttivi e immunitari, oltre che causare forme tumorali e attraverso il latte materno, possono arrivare a colpire anche i neonati. Diversi studi effettuati da ricercatori canadesi, svedesi e danesi, hanno messo in risalto una correlazione tra la presenza di alcuni Pop nella dieta e l’abbassamento del sistema immunitario nei bambini, che porta così a frequenti patologie.

I Pcb presenti nelle plastiche, invece, possono avere varie ripercussioni sugli ormoni sessuali (come gli estrogeni), sul sistema nervoso e, a lungo termine, sulla funzione intellettiva. Sempre a causa di tale sostanza sarebbe provata l’insorgenza di problemi riproduttivi nei rapaci e in alcuni mammiferi come visoni e lontre. Non solo. Secondo gli scienziati norvegesi dello “Svalbard Science Forum”, centro di ricerca situato sulle omonime isole situate tra Norvegia e Polo Nord, alcuni di queste particelle sarebbero alla base del fenomeno di ermafroditismo, cioè la contemporanea presenza di organi genitali maschili e femminili, di almeno quaranta orsi bianchi su 3mila.

Claudia Gennari

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