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La guerra spaventa i mercati globali

Non trascorrerà molto tempo affinché la valutazione dell’impatto economico della nuova guerra sia possibile. I principali attori economici internazionali mantengono un atteggiamento prudente ma si profila già un riflesso sul carovita.

Bce: “Approccio prudente”

Le aspettative sull’inflazione “restano ancorate, ma non possiamo riposare sugli allori. La politica della Bce dovrà continuare a basarsi sulla valutazione costante delle prospettive di inflazione, sulle dinamiche dell’inflazione soggiacente e sulla forza del meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Questo approccio prudente è necessario, viste le incertezze economiche geopolitiche rafforzate dagli eventi tragici che stiamo vedendo in Israele”. Lo ha detto il vice governatore della Banca d’Italia Piero Cipollone, nell’audizione alla commissione Econ del Pe in vista della nomina nell’esecutivo della Bce.

L’impatto della guerra in Israele

La guerra in Israele al momento non ha un impatto eccessivo sul mercato dell’energia, ma potrebbe essere “una scusa” per le compagnie petrolifere per arrestare i cali nei prezzi della benzina alla pompa. Il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, spiega all’ANSA che al momento i prezzi del petrolio sono in rialzo di soli 3 dollari al barile, dopo essere calati di 10 dollari nell’ultima settimana. Se però la guerra fosse lunga e allargata al golfo Persico “non c’è fine al possibile rialzo” dei prezzi dell’energia, secondo Tabarelli.

Le ipotesi estreme di 150 dollari al barile di greggio e di 2,5 euro al litro di benzina sarebbero, in questo caso, possibilità “ancora molto improbabili ma non impossibili”.
A breve termine, nei prossimi giorni, era previsto un’ulteriore discesa del prezzo della benzina alla pompa almeno di 3-4 centesimi al litro, “vediamo domani se continuerà”, dice il professore dell’Università Alma Mater di Bologna, che immagina che le compagnie potrebbero arrestare i cali, anche per evitare un successivo rimbalzo verso l’alto.

Il nodo Algeria

La situazione al momento viene definita dal presidente di Ne “relativamente tranquilla”, pur restando “difficile”. Un elemento di “allarme” in particolare è la vicinanza ad Hamas dell’Algeria che è il nostro primo fornitore di gas, per quasi il 40% dei nostri consumi, dopo che gli abbiamo chiesto aiuto per affrancarci dalla dipendenza dalla Russia. “Questo la dice lunga su come siamo incastrati”, osserva Tabarelli secondo cui è un “delitto economico” non rilanciare la produzione nazionale di petrolio e gas.

“L’instabilità e le debolezze di questi Paesi – è il paradosso sottolineato il presidente di Ne – sono anche dovute al fatto che esportano tanto gas e petrolio che noi paghiamo caro e incassano soldi che poi vanno a rafforzare le loro autocrazie e magari anche a finanziare forze politiche che poi hanno esplosioni di violenza in un’area da cui dipendiamo molto”.

Possibili conseguenze sui carburanti

La tendenza dei prezzi dei carburanti “al ribasso potrà purtroppo subire delle conseguenze negative a causa delle turbolenze sui mercati derivanti dall’attacco di Hamas a Israele e da quanto potrà conseguirne, come si evidenzia anche dall’impennata del prezzo del Brent nella giornata di oggi, cresciuto a più di 87 dollari”. Lo afferma il ministero delle Imprese in una nota, dove dice che continua “a essere alta l’allerta del Mimit su questo fronte, attraverso le strutture di monitoraggio preposte”. Il prezzo della benzina è sceso oggi a 1,945 euro/l, e, nelle ultime due settimane, ha visto una contrazione di 5,3 cent. Lo stesso trend al ribasso c’è per il gasolio che oggi registra un prezzo di 1,914 euro, con un decremento negli ultimi 14 giorni di 2,3 centesimi di euro.

Fonte: Ansa

redazione

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