Quando la stampa è schierata in prima linea, la criminalità organizzata la teme come teme l’azione di polizia e il giudizio della magistratura. Parola di Pietro Grasso, che ha aperto il convegno “I mezzi d’i informazione a sostegno della legalità” organizzato da Fieg e Fcp e andato in scena giovedì scorso nelle maestose stanze di Palazzo Giustiniani, a Roma. Una comparazione forte, quella fra giornali e diritto, che fa giustizia a una categoria troppo spesso guardata con sospetto dall’opinione pubblica. Le derive populiste da un lato e gli imperdonabili errori e ammiccamenti alla politica di alcuni giornalisti dall’altro hanno trasformato, nell’immaginario collettivo, “il cane da guardia della società civile” in un docile barboncino e il “quarto potere” in una protesi della classe dirigente. Non è così, è bene dirlo. Perché per una persona che sbaglia tante fanno ogni giorno onestamente e diligentemente il proprio lavoro, raccontando, ricercando, sbattendo in faccia ai cittadini drammi, ruberie e ingiustizie. Uomini e donne che per spirito di servizio hanno messo e mettono ogni giorno a repentaglio vita e carriere, troppe volte perdendole. Ed è proprio nella lotta alle mafie e alla corruzione che la stampa può avere un ruolo decisivo. Questo perché, come ha sottolineato il presidente del Senato, molto spesso i media “arrivano prima” di giudici e forze dell’ordine, agevolandone, fra l’altro, l’operato. “Anche dal lato della corruzione – ha proseguito l’ex Procuratore antimafia – il ruolo dei giornali è fondamentale: spesso sono i cronisti a scoprire le irregolarità nei bandi o il taglio sartoriale di alcuni di essi, sono le inchieste giornalistiche ad accendere i riflettori su alcuni scandali e a diventare la base per le successive indagini della magistratura”.
Concetti poi ripresi nel successivo intervento di Raffaele Cantone. “La vera democrazia – ha spiegato il presidente dell’Anac – è quella che si basa sul controllo diffuso, ma il controllo per essere reale ha bisogno di informazione corretta e completa. Le ultime leggi, vedi quella sulla trasparenza, ci hanno fatto fare un grande passo avanti. La trasparenza è la vera strada per combattere la corruzione, alimenta il controllo civico e la trasparenza maggiore è quella che arriva dall’informazione”. Ma la stampa, per svolgere al meglio il proprio compito, deve muoversi essa stessa nella legalità, evitando eccessi e notizie urlate. Per cui oggi la grande sfida dell’informazione è anche quella di “porsi delle regole e dei limiti”. Il tema caldo, anzi bollente, a tal proposito è quello delle intercettazioni. “I cittadini non possono non essere informati sulle indagini – ha chiarito Cantone – ma tante volte delle intercettazioni non sono utili nella prospettive delle indagini, e lì bisogna porre dei limiti, se avesse funzionato una deontologia ferrea la legge non avrebbe senso. Il legislatore dovrà comunque fare una scelta difficilissima, decidere dove finisce la libertà d’informazione e inizia il diritto di privacy”.
Ma il problema dell’informazione nel mondo di oggi è anche un’altro. Il web ha raggiunto orizzonti inimmaginabili fino a pochi anni fa e i cittadini vi si rivolgono ogni giorno per sapere cosa accada fuori dalle mura di casa. Eppure nel passaggio dalla carta a internet si è perso inevitabilmente qualcosa. Prima le notizie venivano scremate, selezionate e scritte da professionisti. Oggi il filtro dei media tradizionali è saltato, col risultato che ogni individuo può, a suo modo, intervenire in rete. Ma tra blog, social media e compagnia cantando il rischio di imbattersi in bufale e falsità è elevato. “Occorre evitare – ha notato Cantone – che internet diventi un’occasione per lanciare campagne di fango e odio”. O per ledere l’immagine altrui in modo indefinito e perpetuo. E da questo punto di vista è stato importante il riconoscimento del diritto all’oblio che consente la rimozione di articoli dal contenuto potenzialmente o effettivamente dannoso.
Il lato buono della rete è che la sua capillarità consente davvero a tutti di essere informati, dando compimento a un diritto fondamentale dell’individuo riconosciuto anche da Onu e Consiglio d’Europa. Ma perché questo possa avvenire occorre rimuovere alcuni ostacoli, a partire dal digital divide. Cioè dal fatto che esistano in diverse aree geografiche limiti infrastrutturali e culturali, come ha spiegato il responsabile Agcom Antonio Preto, tali da ostare l’accessibilità al web. Bisogna rendersi conto di una cosa: una società non sufficientemente consapevole di quanto avviene intorno ad essa è una società debole, facilmente soggiogabile e quindi non libera. “E’ un dovere delle istituzioni mettere mano a questo problema – ha detto Preto – nonostante le cose siano migliorate siamo ancora il fanalino di coda in Europa. E’ una questione di libertà, di libertà politica. Democrazia e informazione sono interdipendenti”. Recupero del ruolo della stampa, regolamentazione delle nuove piattaforme di comunicazione a abbattimento del digital divide sono dunque la prossima frontiera dei media. Sempre tenendo a mente quanto sosteneva Hegel: “La lettura di un giornale è la preghiera mattutina dell’uomo moderno”.
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