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Disgelo sull’Himalaya, accordo fra India e Cina sulle tensioni di frontiera

Wuthering heights. Italianizzato, “Cime tempestose”. La metafora più azzeccata, probabilmente, per inquadrare l’amore viscerale e straziante fra i protagonisti del romanzo di Emily Bronte, Catherine e Heathcliff. Ma i declivi del North Yorkshire, per quanto spazzati da fredde brezze, non sono le gelide vette dell’Himalaya. Le vere cime, il tetto del mondo, funestato da venti di astio reciproco laddove i suoi crinali segnano vere e proprie linee di confine. Punti di contatto che separano, culturalmente oltre che da un punto di vista politico, i Paesi che accolgono i versanti delle vette himalayane. E proprio a cavallo della catena montuosa, nei mesi scorsi, i dissapori di frontiera fra India e Cina erano tornati a esplodere, spazzando i valichi con venti di tensione e anche di violenza.

Dissapori sull’Himalaya

Tensioni che, sul finire di un’estate turbolenta, sembrano sulla via del ridimensionamento. India e Cina, infatti, hanno deciso di comune accordo di allentare i presidi militari sui crinali montani, teatro di un conflitto a fuoco, nella regione del Ladakh, costato la vita a 20 soldati indiani di stanza al confine, che ebbero la peggio in un conflitto a fuoco coi dirimpettai della frontiera cinese. A segnare il disgelo, un incontro fra il ministro degli Esteri dell’India, Jaishankar, e il suo corrispettivo cinese, Wang Yi, che a Mosca hanno sigillato il patto per un “rapido disimpegno” delle forze armate sull’Himalaya. Un passo necessario, dopo la rissa del giugno scorso che aveva riportato a galla rancori antichi fra i due Paesi e, soprattutto, creato le condizioni per scadere in una nuova guerra sino-indiana. La stessa che, per quanto breve, negli anni Sessanta costò parecchie perdite da entrambe le parti e che, per l’appunto, fu anticipata da alcune scaramucce in zona di confine.

Accordo sino-indiano

La diplomazia, questa volta, ha cercato di ovviare alle tensioni attraverso la via del dialogo. In questo senso, il summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, svolto nella capitale russa, è stato occasione utile per fare il punto, anche dopo l’indicatore di nuove tensioni dato da una scarica d’armi da fuoco (vietata da un accordo condiviso) che i due Paesi attribuivano l’uno all’altro. Al fine di scongiurare guai peggiori, Wang Yi e l’omologo Jaishankar hanno scelto il tavolo moscovita per tirare una riga sui recenti incidenti e comunicare congiuntamente l’intenzione di dare un taglio alle tensioni. Cinque punti per far sì che la Linea attuale di controllo (Lac) non diventi teatro di uno scontro che nessuno dei due Paesi ha reale interesse ad avviare. Anche per una pandemia in corso che impegna sul fronte sanitario a pieno regime entrambi i governi. Resta comunque il fatto che, come accaduto anche in passato, le strette di mano nelle sedi diplomatiche devono trovare riscontro sul campo. In questo senso, nonostante il freddo della regione degli 8 mila, gli animi sembrano ancora essere bollenti fra le pattuglie di frontiera.

Damiano Mattana

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