Foto di Emad El Byed su Unsplash
Nonostante il molo temporaneo, costruito dagli Usa, abbia consentito lo sbarco di 97 camion di aiuti umanitari, resta ancora molto problematica la gestione dei valichi con la popolazione, e la situazione nelle strutture ospedaliere della Striscia di Gaza resta in sofferenza
L’installazione del molo temporaneo americano sulla costa di Gaza ha permesso lo sbarco di 97 camion di aiuti umanitari in una settimana. Lo ha annunciato il portavoce delle Nazioni Unite, sottolineando che l’operazione si è stabilizzata dopo un “inizio difficile”. La scorsa settimana gli Stati Uniti hanno completato il molo, la cui costruzione era stata annunciata a marzo dal presidente Joe Biden. L’obiettivo è quello di superare le restrizioni imposte da Israele alla consegna di aiuti via terra alla Striscia di Gaza, devastata da sette mesi di guerra.
Dal primo scarico del 17 maggio, il programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (PAM), incaricato dell’operazione a partire dallo scarico delle merci in arrivo da Cipro, “ha preso possesso di 97 camion“, ha spiegato Stéphane Dujarric, portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Dall’inizio delle operazioni israeliane a Rafah, il 7 maggio, “l’ingresso degli aiuti a Gaza è stato molto limitato”, ha commentato l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) in un comunicato. Tra il 7 e il 23 maggio, “solo 906 camion che trasportavano aiuti umanitari sono entrati a Gaza attraverso tutti i punti di ingresso operativi, tra cui 143 attraverso il valico di Kerem Shalom, 62 attraverso Erez, 604 attraverso Erez-Ovest e 97 dal molo galleggiante”. L’OCHA, nel suo documento, non conta l’arrivo dei camion del settore privato che passano da Kerem Shalom – merci private a cui, secondo il capo dell’Agenzia Onu per i rifugiati, gli israeliani danno ora la priorità. L’organizzazione non conta nemmeno le merci “lasciate al punto di passaggio” senza le condizioni logistiche e di sicurezza necessarie per essere recuperate dalle organizzazioni umanitarie.
Le organizzazioni umanitarie sono riuscite a raggiungere l’ospedale Al Aqsa, nella Striscia di Gaza, e a consegnare circa 15 mila litri di carburante, ma l’emergenza resta alta. Lo riporta l’Onu, aggiungendo che l’Unicef ha lanciato l’allarme riguardo i generatori di ossigeno dell’ospedale: senza una fornitura continuativa di carburante, verranno bloccati mettendo a rischio la vita di più di venti neonati. “È cruciale – ha aggiunto il portavoce Onu – che altro carburante raggiunga Gaza e che le organizzazioni umanitarie possano lavorare in sicurezza mentre le ostilità si intensificano”. Nel nord di Gaza solo l’ospedale Al Awda resta in funzione, seppure parzialmente, ma risulta inaccessibile alle organizzazioni delle Nazioni Unite. Altre strutture sanitarie continuano a fronteggiare difficoltà per portare avanti l’attività.
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