“E’ in atto ripresa intensa del Pil, il terzo trimestre sta andando bene. Per fine anno l’Ufficio Parlamentare di Bilancio prevede un +5,8%, non possiamo escludere che a fine anno sia superiore”. Non è un quadro pessimista quello tracciato dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, che al Forum Ambrosetti di Cernobbio illustra i passi necessari dell’Italia per uscire fuori dalla crisi. Nonostante il dibattito in corso sull’obbligatorietà vaccinale e le difficoltà riscontrate nel rimettere in moto i consumi, secondo il titolare del Mef “i dati sono incoraggianti. E’ importante che la crescita sia rapida”. La partenza chiede innanzitutto la riforma fiscale.
Il programma è piuttosto tracciato. In ballo c’è la ripartenza delle attività di riscossione ma anche la riforma del sistema fiscale. Sul tavolo del governo, c’è l’ipotesi del rinnovamento dell’Irpef, il taglio del cuneo fiscale e il contributo alla crescita degli investimenti. Obiettivo, una crescita strutturale in grado di alleggerire il peso del debito pubblico. Il tutto in un quadro generale sul quale grava il peso di un Fisco che, dopo mesi di sospensione, ha definitivamente riavviato la macchina delle cartelle esattoriali. Scavalcare lo scoglio della crisi significherebbe “crescere in modo strutturalmente più elevato che in passato” e “ridurre progressivamente” il debito. Già entro fine anno, è atteso un miglioramento del rapporto debito/Pil, mentre il ritorno su livelli della crisi pre-Covid è previsto non prima di fine decennio.
In agenda, tuttavia, la prima scadenza è la riforma del Fisco. Il ministro Franco ha fatto sapere che sarà incentrata su cuneo fiscale e riforma Irpef. Il piano, rendere il carico fiscale “più possibile favorevole ai fattori della produzione, in particolare al lavoro. Sarà importante, quindi, disegnare un sistema fiscale che nei limiti del possibile aiuti il paese a crescere nel medio e lungo periodo”. Un piccolo incoraggiamento arridava dai dati congiunturali sugli investimenti, sia pubblici che privati: “Per quest’anno stimiamo un aumento complessivo del 15% e la percentuale sul Pil potrebbe salire al 20%. Gli investimenti fisici e in capitale umano sono bassi in Italia, nel 2018 erano al 18% il Pil, sotto la media Ue, con una bassa quota pubblica ma anche quella privata non era alta”.
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