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Gran Sasso, allarme sul ghiacciaio Calderone: “Si è ridotto del 65%”

Gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire. E anche in modo pesante. La percezione dell’uomo nel quotidiano è solo parziale, riscontrabile nel caso di eventi atmosferici estremi e anomali per un determinato luogo, o magari calcolando temperature sulle strumentazioni. Ben diversa è la situazione nel caso di indagini più approfondite, come quella condotta da Legambiente sul ghiacciaio del Calderone, nel cuore del Gran Sasso. Un’analisi progressiva, che ha permesso di individuare una riduzione continuativa della superficie glaciale, di oltre il 65% negli ultimi venticinque anni. Un quadro che conferma la gravità del riscaldamento globale sui ghiacciai terrestri.

Gran Sasso, l’indagine sul glacionevato

Il Calderone, situato all’interno del massiccio del Gran Sasso, ha visto modificare la sua conformazione nel 2000, suddividendosi in due galcionevati, rispettivamente superiore e inferiore. Entrambi si presentavano coperti del solo detrito a fine estate. Nel 1994, l’intero ghiacciaio risultava ancora superiore a 6 ettari. La regressione ha portato la superficie glaciale a misurare ora poco più di 2. I risultati dell’analisi sono stati resi noti a Pescara e rendono quanto mai palese l’allerta sul Gran Sasso, da estendere naturalmente anche ad altre situazioni simili lungo le catene montuose del nostro Paese. Dati che confermano quanto la progressione del riscaldamento globale abbia modificato paesaggi e, in buona misura, alcuni ecosistemi. Minacciando per questo la stabilità degli ambienti.

L’importanza del Calderone

L’indagine sul Calderone del Gran Sasso è stata condotta da Legambiente nell’ambito della Carovana dei ghiacciai, campagna realizzata con il supporto del Comitato Glaciologico Italiano (Cgi). Obiettivo, sensibilizzare sugli effetti dei cambiamenti climatici sui ghiacciai dell’arco alpino (e non solo). Il Calderone rappresenta un caso quasi unico nell’ambito dei glacionevati, in quanto fonte di equilibrio per gli ecosistemi d’alta quota. Inoltre, come precisa Legambiente, la sua capacità di reazione ai cambiamenti climatici costituisce un unicum nel panorama europeo, fornendo una serie di informazioni scientifiche sul territorio dell’Appennino centrale.

Damiano Mattana

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