21 febbraio 2020. E’ una data che in molti non dimenticheranno mai. E’ il giorno in cui il virus Covid-19 ha fatto irruzione nel nostro Paese. Trenta giorni in cui medici, infermieri, Protezione Civile, volontari e Governo hanno lottato per cercare di mantenere la diffusione dell’infezione.
Prima del 21 febbraio, il Covid-19 in Italia riguardava una coppia di cinesi in vacanza, ricoverati poi allo Spallanzani di Roma, e i nostri connazionali di ritorno dalla Cina e messi in quarantena alla Cecchignola. Pochi minuti dopo la mezzanotte del 21 febbraio, l’assessore al Welfare della Lombardia, Giulo Gallera, comunica la notizia di un 38enne positivo al Covid-19 ricoverato all’ospedale di Codogno, in provincia di Lodi. Nel corso della giornata, saliranno a 15 i contagiati in Lombardia. Sempre il 21 si scopre un altro focalaio del virus a Vo’ Euganeo, in provincia di Padova. In Veneto si registra la prima vittima in un ospedale di Padova.
Il 22 febbraio, a causa del diffondersi dell’infezione il Governo approva delle misure speciali per le aree focolaio, il Lodigiano e Vo’, in tutto 11 comuni. Dal divieto di allontanamento e di ingresso con sanzioni penali per chi viola le prescrizioni, allo stop alle gite scolastiche in Italia e all’estero, alla chiusura di scuole, negozi e muse. Il 25 febbraio, con i contagiati che salgono a 328 e 11 vittime, il governo mette in atto una nuova stretta con un secondo decreto che estende ad Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Piemonte le misure che erano già in vigore per gli 11 comuni focolaio.
Continua l’escalation di diffusione del coronavirus: le vittime salgono a 100 e, il 4 marzo, il premier Giuseppe Conte firma un nuovo decreto con il quale le scuole e le università, in tutto il Paese, vengono chiuse fino al 15 marzo; successivamente la misura sarà prorogata fino al 3 aprile. Nella notte tra il 7 e 8 marzo ancora un decreto per vietare ogni spostamento in Lombardia e in quattordici province di Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Marche. Nella notte l’esodo verso il sud da diverse città del nord, con i treni presi d’assalto.
#Iorestoacasa. Uno slogan che accompagna un altro decreto con il quale l’Italia diventa un’unica zona rossa: l’obiettivo è quello di arginare i contagi. Il 12 marzo si supera la quota dei mille morti, i malati sono quasi 13.000.
Nel frattempo, la situazione diventa sempre più grave soprattutto a Bergamo e provincia. A causa dell’alto numero di decessi, non c’è più posto nei cimiteri: l’immagine dei camion dell’esercito che nella notte trasportano le salme verso altre regioni fa il giro del mondo. E’ il 18 marzo. Stesso giorno in cui il governo vara un’altro decreto, il Cura-Italia, che contiene una nuova serie di misure, molte economiche per far fronte all’emergenza.
Una strage a cui medici e infermieri, in prima linea da subito cercano di far fronte. Ma i numeri scattano una fotografia di un’Italia in piena sofferenza: al 20 marzo dono 5.129 le persone guarite dopo aver contratto il virus. I malati sono Sono complessivamente 37.860 i malati. Il numero complessivo dei contagiati – comprese le vittime e i guariti – ha raggiunto i 47.021. Nuovo drammatico record nel numero delle vittime, 627 in un giorno: il totale ammonta a 4.032.
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