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Coronavirus, il Papa all’Angelus: “La Quaresima dia un senso a questo dolore”

È una giornata particolare quella in Piazza San Pietro, dove il sole di Roma illumina un gruppo di fedeli che, regolarmente distanziato, cerca di scrutare la finestra dove Papa Francesco avrebbe dovuto affacciarsi. Cosa che il Santo Padre ha tenuto a fare, al termine di una preghiera trasmessa in streaming per l’emergenza coronavirus ma troppo intensa per non ricevere un saluto conclusivo. La finestra si è aperta, il Papa ha dato la sua benedizione a chi, nonostante i dubbi e la paura sull’epidemia che sta attraversando il nostro Paese, ha scelto di esserci e di pregare assieme a lui. Fra questi, le Associazioni di solidarietà con il popolo siriano, presenti in piazza: “Rinnovo la mia grande apprensione, il mio dolore per questa situazione disumana di queste persone inermi, tra cui tanti bambini, che stanno rischiando la vita. Non si deve distogliere lo sguardo di fronte a questa crisi umanitaria, ma darle priorità rispetto ad ogni altro interesse”.

E non dimentica, Papa Francesco, coloro che soffrono per l’attuale epidemia, dicendosi vicino a loro e a chi di loro si prende cura con la preghiera: “Mi unisco ai miei fratelli Vescovi nell’incoraggiare i fedeli a vivere questo momento difficile con la forza della fede, la certezza della speranza e il fervore della carità. Il tempo di Quaresima ci aiuti a dare tutti un senso evangelico anche a questo momento di prova e di dolore”.

La Trasfigurazione

Si definisce “ingabbiato” il Santo Padre, che condivide la sua riflessione nell’Angelus domenicale dalla biblioteca: “Io vi vedo, vi sono vicino… Ma questo modo di oggi di pregare l’Angelus lo facciamo per compiere le disposizioni preventive, così da evitare piccoli affollamenti di gente, che possono favorire la trasmissione del virus”. E nell’attraversare il Vangelo di questa domenica, incentrato sul racconto della Trasfigurazione di Gesù, Papa Francesco spiega come i tre discepoli che lo accompagnarono sul monte “sono chiamati a riconoscere in Gesù il Figlio di Dio splendente di gloria. Essi avanzano così nella conoscenza del loro Maestro, rendendosi conto che l’aspetto umano non esprime tutta la sua realtà; ai loro occhi è rivelata la dimensione ultraterrena e divina di Gesù”.

La misura dell’amore

E’ a Pietro, Giacomo e Giovanni che Gesù “riserva il privilegio di assistere alla trasfigurazione“. Ma essi non sono scelti secondo i nostri criteri: “Gesù sceglie secondo il suo disegno di amore. L’amore di Gesù non ha misura: è amore, e Lui sceglie con quel disegno di amore. Si tratta di una scelta gratuita, incondizionata, un’iniziativa libera, un’amicizia divina che non chiede nulla in cambio. E come chiamò quei tre discepoli, così anche oggi chiama alcuni a stargli vicino, per poter testimoniare”. Ed essere suoi testimoni “è un dono che non abbiamo meritato: ci sentiamo inadeguati, ma non possiamo tirarci indietro con la scusa della nostra incapacità”.

Testimoni per dono

Noi non abbiamo visto il volto di Gesù “brillare come il sole”. Eppure ci è stata consegnata la Parola di salvezza, “è stata donata la fede e abbiamo sperimentato, in forme diverse, la gioia dell’incontro con Gesù”. In questo mondo “segnato dall’egoismo e dall’avidità – ha concluso il Santo Padre – la luce di Dio è offuscata dalle preoccupazioni del quotidiano. Diciamo spesso: non ho tempo per pregare, non sono capace di svolgere un servizio in parrocchia, di rispondere alle richieste degli altri… Ma non dobbiamo dimenticare che il Battesimo che abbiamo ricevuto ci ha fatto testimoni, non per nostra capacità, ma per il dono dello Spirito”.

Damiano Mattana

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