Senato e Camera approvano lo scostamento di bilancio ma il Consiglio dei ministri si impantana sui rinnovi delle presidenze delle commissioni. Un intoppo inatteso, specie dopo il via libera delle Camere allo scostamento e l’accordo politico raggiunto prima del voto. Il banco salta tre volte (due al Senato, una alla Camera), quando l’intesa tra i capigruppo cade e, soprattutto, il gruppo di LeU resta a bocca asciutta. E’ a quel punto che il ministro della Salute Roberto Speranza ha lasciato il Cdm (che aveva approvato la proroga dello stato d’emergenza). In particolare, la commissione Giustizia di Palazzo Madama resta alla Lega, così come l’Agricoltura, beffando rispettivamente i candidati di Liberi e uguali e del Movimento 5 stelle. Situazione che indispettisce il titolare della Salute (“Inaccettabile quanto avvenuto. Serve un chiarimento di maggioranza”) ma incontra la soddisfazione del leader della Lega. Secondo Matteo Salvini, infatti, “con il voto segreto vengono premiati il buon lavoro e la competenza della Lega. La maggioranza è in frantumi, saltato l’inciucio 5Stelle-Pd”.
Caos anche alla Camera, dove l’eletto presidente Lello Vitiello, di Italia Viva, si è dimesso dalla Commissione Giustizia. Tensione anche per la mancata elezione dell’ex presidente del Senato, Pietro Grasso, alla guida della Giustizia a Palazzo Madama. Altra variabile che avrebbe provocato la reazione del ministro della Salute. Nel frattempo, definito il trasferimento di dieci membri del Movimento 5 stelle dalla Commissione Finanze (proprio il M5s aveva per quest’ultima contestato l’elezione di Luigi Marattin di Italia Viva alla presidenza) di Montecitorio a un’altra commissione. Fonti parlamentari pentastellate, citate dall’Ansa, hanno fatto sapere che “l’unico precedente al trasferimento forzoso di deputati da una commissione era stato quello, ignominioso, del governo Renzi nel 2015 per ltalicum”.
Secondo quanto previsto dagli accordi pre-voto, la ripartizione avrebbe dovuto presentare un assetto diverso. Al M5s metà delle presidenze, quindi sette alla Camera e sette al Senato; al Pd nove (5 a Montecitorio e 4 a Palazzo Madama), quattro a Iv (due in entrambe le Camere) e una a Leu (Piero Grasso alla Giustizia in Senato). Nessuna, invece, è andata allo schieramento fondato dall’ex presidente del Senato, superato dal rappresentante leghista e vero punto di rottura.
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