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Addio a Carlos Ruiz Zafon, la biblioteca come esperienza di vita

Non ci piace l’odore della polvere. Ma la biblioteca in cui Daniel Sempere riesuma dall’oblio L’ombra del vento sembra quasi il labirinto di Eco ne “Il nome della rosa”: un’arca segreta, invisibile e inaccessibile, in cui sopravvive la memoria del tempo. Il libro di Julian Carax esce da lì, tornando a prendersi la storia senza scrollarsi di dosso la polvere del Cimitero dei libri dimenticati, una sorta di velo protettivo contro quell’aria da troppo tempo non respirata. Carlos Ruiz Zafon iniziò da qui, raccontando le vicende di Daniel ne L’ombra del vento come se raccontasse il sogno proibito, di ognuno di noi, di attraversare i meandri di una biblioteca per perdersi, metaforicamente, nelle sezioni inesplorate dell’immaginazione. L’eredità che lo scrittore spagnolo, scomparso oggi a soli 55 anni, ha lasciato nei suoi lettori.

Barcellona e biblioteche

Come Pagemaster era il custode dei libri, il lettore era il custode delle proprie emozioni. E la biblioteca altro non era che il contesto di un viaggio interiore, in cui le figure prendevano forma solo per impartirci, nel bene o nel male, una lezione di vita. Zafon, che da tempo viveva a Los Angeles, rimase visceralmente legato alla sua biblioteca interiore, la città di Barcellona, quella dell'”illusione di vicoli e viali in cui si poteva viaggiare a ritroso nel tempo” di Marina ma anche quella “intrappolata sotto cieli di cenere e un sole vaporoso” de L’ombra del vento, il suo romanzo per eccellenza, primo di una saga che dei libri avrebbe fatto il suo cardine: “Volevo che i libri fossero un labirinto emotivo, di idee, di diverse prospettive. Volevo fornire parecchie possibilità di interpretazione”.

Un’esperienza di vita

Bella e ricca, cupa e polverosa. La biblioteca è sempre un luogo in cui le emozioni si snodano in proporzione ai vicoli attraversati. E, in questo senso, non è solo la lettura a diventare esperienza, ma gli scaffali stessi sono un punto di contatto con l’emozione. Lo scorrere del dito sul dorso dei libri, entrare a contatto con la polvere di quelli dimenticati, tirarli fuori dall’oblio e riconsegnarli alla storia. Zafon lascia tutto questo, sconfitto dal cancro che lo affliggeva ma in grado di donare ai lettori un’esperienza letteraria fatta di una commistione nostalgica fra realtà e fantasia: “Oggi è una giornata molto triste per l’intero team Planeta – ha spiegato l’editore – che lo conosceva e ha lavorato con lui per vent’anni, in cui è stata forgiata un’amicizia che trascende la professionalità”.

DM

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