Questa mattina l'atmosfera nella Sala della Vetrata al Palazzo del Quirinale era quasi rarefatta. Tutto sembrava sospeso, nell'attesa che la porta si aprisse, e oltre la soglia si parasse Giuseppe Conte, il premier di ieri e quello di oggi, l'araldo del nuovo governo: un “Conte-due”, piuttosto che un Conte-bis.
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È evidente la metamorfosi del nuovo premier, che non si è tirato indietro, anzi s'è assunto personalmente la responsabilità della crisi innescata ad agosto. Conte, un premier così distante dai suoi due vice, che cita Federico II e non un qualcuno nella storia come ha detto ieri Di Maio nel suo discorso post-consultazioni, menzionando maldestramente Pietro Nenni. Su Repubblica, Francesco Merlo scrive: “oggi quel presidente, che era vice dei suoi vice, è diventato il padrone a riprova che il sottovalutato è il vero protagonista di questo nostro tempo instabile […]. È una bella lezione per la politica degli spacconi, dei ganassie dei folgoranti successi seguiti da rapide morti”.
Perciò, mentre si approssima il Governo del Conte-due, il neo Presidente del Consiglio dei Ministri sta già facendo prove di regia in attesa di formare una nuova squadra ministeriale. C'è l'endorsement di ieri, dichiarato dal segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, e c'è quello di Di Maio, che dismessa a metà la veste del vicepremier, chiede che Conte resti l'avvocato degli Italiani “per i cittadini, che vivono i problemi ogni giorno”. Rimane, ora, da capire l'orientamento delle pieghe giallo-rosse che rivestiranno Palazzo Chigi. Non resta che attendere il vaticinio dal Palazzo del Quirinale.
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