Andreotti: “Ho combattuto la mafia con atti pubblici”

Giulio Andreotti ovvero “l'uomo del Vaticano”. È questa l'immagine del celebre statista che esce dal libro I miei santi in paradiso (ed. Leva, 2019), presentato ieri in una gremita Sala Zuccari del Senato (vicino a dove il Divo Giulio ebbe l'ufficio per molti anni). Il volume, scritto a quattro mani da mons. Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia, e dal giornalista Roberto Rotondo, racconta anche attraverso documenti inediti il legame di Andreotti con figure chiave del cattolicesimo come Alcide De Gasperi, Madre Teresa di Calcutta, Giorgio La Pira, i sacerdoti don Primo Mazzolari, don Carlo Gnocchi e don Zeno Saltini, nonché i papi Giovanni Paolo II, Paolo VI, Giovanni XXIII e Pio XII. L'incontro si è aperto con l'intervento di Angelo Chiorazzo, fondatore della cooperativa Auxilium, il quale ebbe un rapporto importante con il celebre politico. “Ricordarlo qui – ha detto – non è nostalgia del passato, ma non si può costruire il futuro della nostra società senza la memoria”.

Andreotti sulla mafia e la morte di Pecorelli

Alla presenza di Gianni Letta e l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro, nonché di tanti prelati e cardinali, compreso il presidente dei vescovi italiani Gualtiero Bassetti, mons. Sapienza ha letto parte di tre lettere che Andreotti scrisse ai familiari prima di morire con la volontà che venissero aperte solo post mortem. Lo statista democristiano scrisse nero su bianco negli ultimi giorni di vita: “Non ho mai avuto a che fare con la mafia e con l’omicidio Pecorelli e ora che sto per partire desidero andarmene dicendovi che la mafia la ho combattuta con atti pubblici”. Andreotti dimostrava anche di vivere con fede il calvario giudiziario: “Forse questi anni di sofferenze e calunnie servono a bilanciare un corso di vita tutto favorevole, sarebbe ingiusto avere lo stesso premio eterno dei poveri che affollano le chiese e chiedono aiuto che non sempre possiamo dare loro. Sono sereno e non porto rancore nei confronti di chi muove questa macchina calunniosa”. Al riguardo mons. Sapienza ha commentato: “Andreotti ha fatto ricorso all’intelligenza e non all’inganno, all’abilità ma non al sotterfugio, alla riservatezza ma non alla menzogna”; e poi ha concluso: “La menzogna passa, i fatti restano. I posteri giudicheranno sui fatti”.

Il rapporto con i Papi

Il card. Bassetti ha preso la parola per sottolineare il legame tra Andreotti e i Papi. In particolare il porporato si è soffermato sulla figura di Giovanni Paolo II, affermando che “forse era nei disegni della Provvidenza che un Papa venuto dalla Chiesa del silenzio potesse, in un Pontificato di insolita durata, parlare – forte e onnipresente – a un mondo per tanti aspetti distratto e spesso succube degli idoli di una modernità piatta e senza regole”. E “l’essere venuto dalla ‘Chiesa del Silenzio’ durante la contrapposizione della Guerra Fredda – ha proseguito – attribuiva a Giovanni Paolo II anche una caratura politica, però totalmente connaturata dalla primaria testimonianza di fede che tutto illuminava e tutto orientava. E soprattutto una dimensione politica a 360 gradi che non lasciava spazio a interpretazioni di parte: Giovanni Paolo II è stato indubbiamente il fermissimo oppositore delle dittature comuniste ma è stato anche il feroce critico della modernità individualista, consumista e relativista. La piena testimonianza evangelica che papa Wojtyla ha dato con la sua azione pastorale è ancora oggi un monito per il mondo intero”. A questo riguardo, il presidente della Cei ha citato alcune parole di Andreotti riferite a Giovanni Paolo II quando alcune critiche si riversavano sul Papa polacco: “Appartengo a una vecchia scuola di cattolici – afferma Andreotti – che insegna che si deve voler bene al Papa e non a un Papa”. “Riecheggiano in queste parole – il commento di Bassetti– le più antiche affermazioni di don Bosco quando diceva ‘Non gridate viva Pio IX ma viva il Papa!’ e si ode la profondità di una sapienza antica: quella sapienza che ci permette di amare sempre Pietro in qualunque periodo storico e con qualunque nome esso si presenti”. Il pensiero di Bassetti si è dunque rivolto all'attualità: “Se queste parole erano vere ieri, sono ancor più valide oggi, quando la babele delle lingue sul web assume, a volte, i tratti inquietanti della mistificazione e della contrapposizione tra gli ultimi pontefici”.

Il card. Bassetti ricorda la “generazione di cattolici” in politica

Spostando l'attenzione sugli aspetti politici, il card. Bassetti ha definito I miei santi in paradiso “un libro generazionale”, che contiene “interi giacimenti di idee e fatti storici che fanno parte del patrimonio genetico della nostra popolazione”. Ciò che ha “tenuto insieme tutto il ventesimo secolo”, la riflessione di Bassetti, “non è un’ideologia o una rappresentanza d’interessi, ma una corrente di persone che si fa prassi politica”, tra cui spicca “una generazione di cattolici”, come Andreotti e La Pira, “che ha assunto responsabilità politiche di altissima rilevanza pubblica e la cui attualità è ancora viva”. Lo sguardo dell'arcivescovo di Perugia si è rivolto all'Italia del dopoguerra, “sconfitta e distrutta”, ed ha dunque affermato: “Lasciatemi dire grazie a quella generazione di cattolici che, con grande lungimiranza, si sono battuti per collocare l’Italia nella parte giusta”, così Bassetti ha definito il blocco occidentale, capace di costruire “un’Europa libera, democratica e di pace. Assegnandole all’inizio quei valori di carità e solidarietà che provengono dalle radici cristiane del continente europeo”. Egli ha dunque concluso con un appello: “Questa missione di pace e solidarietà sia ancora il cammino del futuro”.